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il re della montagna | 75 |
deposti un’abbondante porzione di kebab, vivanda formata di pezzetti quadrati di montone arrostiti assieme a pezzetti di grasso e abbondantemente aspersi di sale e di pepe, dei piatti pieni di riso cotto in acqua, uno svariato assortimento di frutta: grosse melegrane senza grani, assai dolci ed assai stimate dai buongustai, cotogni grossissimi e odorosissimi, albicocche secche e di quelle eccellenti susine conosciute sotto il nome di oulou bokhara: infine gran numero di dolci e specialmente di gelati.
— Signora, — disse egli, — se credi, la tavola ti aspetta.
— Schiavo, da quando la tua padrona pranza con te?
— È l’ordine del padrone, signora.
— Di cosa teme egli?
— Lo ignoro.
— È adunque molto irritato contro di me, che mi isola nelle mie stanze?
— Assai, signora.
— E crede di impormi la sua volontà?
— Egli è il padrone.
— La vedremo!
— Bada, signora: dietro il padrone sta lo sciàh!
— Non lo temo.
— Ti dirò anch’io «la vedremo».
— La morte non mi fa paura.
Il guardiano la guardò fisso fisso ed un rapido lampo attraversò le sue pupille.
— Udiamo, signora — diss’egli con voce carezzevole. — Ami forse qualcuno?
Fathima lo fulminò con uno sguardo acuto come la punta di uno spillo.
— Tu cerchi di scoprire qualche segreto, che non esiste nel mio cuore — disse. — È una spia che mio padre mi mette a fianco?
— No, signora: un fedele servitore e nulla più.
— Basta così, lo vedremo in seguito — disse Fathima con un sorriso ironico. — Pranziamo, signor spione.
Si sedette di fronte ad Aliabad, che pareva si fosse corazzato contro i più sanguinosi insulti, e si mise ad assaggiare le diverse vivande, mostrandosi in apparenza tranquilla. I suoi occhi però, quando il servo volgeva altrove il capo, si fissavano sull’alcova e un legger sospiro le sollevava il petto.