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56 | emilio salgari |
da non so quale timore, mi avvicinai alle tende risoluto di sollevarle per salutarti ed andarmene.
— Tu!... — esclamò ella. — Tu, Nadir.
— Sì, io, ero come pazzo.
Fathima si avvicinò a Nadir e gli porse la mano.
— Io sapeva che tu eri leale, — diss’ella, — e mi sarebbe spiaciuto assai di essermi ingannata.
— Perchè? — chiese egli con fuoco. — Forse che anche tu hai sognato di me? Forse che anche il tuo cuore batteva forte forte?
La giovanetta, invece di rispondere, si mise un dito sulle labbra mormorando:
— Taci, Nadir, taci ed ascolta.
Nel giardino si erano uditi dei passi affrettati.
— I nemici? — chiese il Re della Montagna, portando rapidamente la destra sull’impugnatura del fedele kandjar.
— Non far rumore, Nadir — diss’ella con voce supplichevole. — Non voglio che quegli uomini ti scoprano.
— E se mi scoprissero, mi imprigionassero, mi uccidessero?
— Non parlare così, Nadir, no, no. Queste parole mi fanno male.
— Perchè?...
La giovane chinò il capo sul petto, senza rispondere.
— Ah! — esclamò Nadir, soffocando a stento un grido di gioia. — Tu mi proteggi!...
— Zitto, Nadir, zitto!... Ci sono i tuoi nemici nel giardino.
— Ora non li temo più; mi pare di essere diventato tanto forte, da disperderli tutti con un solo colpo del mio kandjar.
Proprio in quel momento si udì una voce nel giardino a gridare:
— Si è veduto?
— No — rispose un’altra.
— Siete certi?
— Certissimi.
— Allora visiteremo gli appartamenti delle donne. Voi altri intanto non muovetevi dai vostri posti e fate buona guardia.
— Hai udito, Nadir? — chiese Fathima, che era diventata pallida.
— Tutto — rispose il giovanotto. — Ma il Re della Montagna non ha paura finchè ha il suo kandjar.
— Ma se ti scoprissero?
— Mi aprirò il passo a colpi d’arma.