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Cap. VI.

La visita dei guardiani.

Ai primi albori, Nadir, che a poco a poco si era assopito sul divano, riaprì gli occhi. Per prima cosa vide la giovane persiana nel suo splendido costume del dì innanzi, che gli stava di fronte colle braccia incrociate sul seno, la bocca sorridente, il viso animato da un legger rossore e gli occhi fissi fissi su di lui.

— Tu!... tu!... — esclamò egli, balzando rapidamente in piedi.

— Ti ho udito parlare mentre dormivi — diss’ella sottovoce — e sono venuta a vedere, temendo che tu facessi un cattivo sogno.

— Io parlava?... E cosa dicevo?...

— Parlavi delle tue montagne, del tuo castello, di un vecchio che hai lasciato lassù, e pronunciavi un nome.

— Quale?...

Fathima arrossì e non rispose.

— Il tuo nome forse? — chiese egli con animazione. — Ah sì! Mi ricordo... mi ricordo... ho sognato dei miei monti, delle mie torri, del vecchio Mirza e poi te... sì, sì, ho pronunciato senza dubbio il tuo nome... Mi ero addormentato con una strana agitazione indosso ed ho sognato di te.

— E perchè quei timori? — chiese la giovane persiana. — Non eri sicuro qui?

— Non era la paura di non essere abbastanza sicuro che me l’aveva cagionata, ma il fatto di trovarmi qui, furtivamente, in casa di una donna. Vi fu un momento in cui, dimenticando tutto, invaso