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52 emilio salgari

— E non avrai paura, sapendo che io ti sono così vicino?

— Ti ho detto che tu sei troppo leale perchè io possa temere. Or dimmi: vuoi qualche cosa? Forse da lunghe ore tu non bevi un sorso di acqua.

— Non pensare a me, Fathima. Sulla montagna siamo abituati a tutte le privazioni.

— Addio, Nadir — diss’ella porgendogli la mano. — Non temere nulla, chè, fin che le tenebre non si alzino, nessuno ardirà qui entrare.

— Addio, Fathima — rispose egli afferrando con vivacità quella piccola e bianca mano e stringendola fortemente. — Riposa tranquilla.

La giovane persiana si diresse verso l’alcova con passo leggero, si volse un’ultima volta verso Nadir, che era rimasto immobile, lo guardò ancora fisso fisso, poi sparve dietro le tende.

Il giovanotto rimase alcuni minuti nello stesso posto ove era stato lasciato, cogli occhi fissi sulle tende, rattenendo a tratti il respiro come se temesse di turbare il silenzio che allora regnava nella stanza, poi si scosse, guardandosi attorno con una specie di sorpresa mista a curiosità.

Si passò una mano sulla fronte come se volesse svegliarsi; la ritrasse umida di sudore. La fronte gli bruciava come se sopra gli fosse passata una fiamma.

— È strano — mormorò con un filo di voce. — Si direbbe che finora io ho sognato.

Guardò ancora verso l’alcova, ma con uno sguardo commosso; le tende erano perfettamente immobili; tese gli orecchi piegandosi innanzi, ma non udì nulla.

— Dorme forse? — si chiese. — E non ha paura della mia presenza? E se io fossi invece un miserabile mentitore? Ma Nadir è il Re della Montagna, Nadir è leale e Nadir saprà mantenere la parola data. Dormi, Fathima, chè nulla hai da temere da me.

«Ma che provo io ora? Cos’è questo battito precipitato del cuor mio? Cos’è questo tremito che mi corre per le vene?»

Si diresse in punta dei piedi verso una finestra, alzò la tenda di seta azzurra ed espose la sua ardente fronte alla fresca brezza notturna.

La notte era splendida. In cielo scintillavano superbamente le stelle, e la luna, allora sorta, versava sull’addormentata città la sua