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il re della montagna 47

— No — disse con triste accento.

— Hai madre?

— Nemmeno. Sono solo sulla terra.

— Sono morti i tuoi adunque? — chiese ella con emozione.

— Morti e forse uccisi.

— Infelici — mormorò ella, guardandolo con tenerezza.

D’improvviso impallidì. Giù nel giardino si udivano delle voci.

— Zitto — diss’ella con voce tremante.

S’avvicinò alla finestra e sollevò la tenda. Ai piedi del padiglione, due uomini armati di fucili discorrevano.

— Non può essere fuggito — diceva uno.

— Eppure non l’abbiamo veduto — rispondeva l’altro.

— Che si sia nascosto nell’interno del palazzo?

— Non è possibile; però lo visiteremo.

— Ma le donne dormono.

— Domani non dormiranno.

— E il briccone approfitterà per iscappare.

— Ho lasciato dieci uomini lungo le mura e ne metterò altrettanti nei dintorni del palazzo. Ti assicuro, Abbassi, che non ci scapperà.

— Non scordarti che lo sciàh ce lo pagherà a peso d’oro. È un ribelle, e tu sai che i ribelli si pagano bene.

— Fidati di me.

La persiana ne sapeva abbastanza. Lasciò ricadere la tenda e tornò verso Nadir, che aveva impugnato il kandjar.

— Nascondi quell’arma, Nadir — diss’ella. — Mi fa paura.

— Ti accontento — rispose egli, rimettendo l’arma nel fodero. — Ma tu sei pallida e tremi. Perchè?

— Nadir — mormorò ella.

— Parla senza esitare. Il Re della Montagna è forte.

— Corri un gran pericolo, amico mio.

— Cos’hai udito? — chiese Nadir, che non seppe celare un fremito delle membra.

— Hanno circondato il giardino ed il palazzo.

— Chi?

— Gli uomini che ti inseguivano.

— Uscirò di qui egualmente. La notte è oscura e...

— No, no — esclamò ella con terrore. — Se ti uccidessero?