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il re della montagna 43

esponendo ai raggi della lampada il suo ricco costume orientale, ricamato in oro ed argento e tempestato di perle e di diamanti di un valore inestimabile. Un profumo soavissimo, il profumo della violetta, si sparse subito per la stanza, penetrando fin dentro l’alcova.

Un nuovo timore, più forte del primo, scosse Nadir in tutte le fibre. Senza pensare che poteva venire scorto, alzò con mano tremante la tenda e guardò in viso la sconosciuta.

Ell’era giovane assai e in tutto l’insieme elegantissima, quantunque non avesse nè gli occhi grandi, nè le labbra forti, nè i capelli nerissimi.

Era invece alta, snella, delicatissima, con una vitina sottile, sottile e con forme piccine come quelle di una fanciulla dodicenne. Bianchissime, quasi diafane, ma morbide erano le sue mani; bellissimo e lievemente roseo il suo volto, ombreggiato da un velo di melanconia; rosse come corallo le labbra e lievemente sporgenti; neri gli occhi, ma dolci, languidi; leggiadramente arcuate le sopracciglia, e quasi biondi, a riflessi d’oro, e sottili come fili di seta i capelli, ricadenti sulla nivea fronte.

In quella donna nulla vi era della classica bellezza degli artisti, ma da tutta quell’elegante personcina traspariva una ingenuità fanciullesca, una tenerezza, una dolcezza veramente femminea; che, come dicemmo sopra, la rendevano simpatica e modesta.

Un orientale avrebbe detto, nel suo pittoresco linguaggio, che quella giovinetta somigliava ad uno di quei delicatissimi fiori che sboccian superbi ai primi raggi del sol primaverile e che avvizziscono per sempre ai primi soffi della gelida tramontana...