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40 | emilio salgari |
— Fuoco, Abbassi!
Un colpo di archibugio rintronò, facendo tremare i vetri dei chioschi.
— Se fossi rimasto nel giardino, a quest’ora il buon Mirza avrebbe perduto il suo figlio adottivo — disse Nadir. — Ma...
Non finì. Nella stanza attigua aveva udito come un legger crepitìo e subito dopo girare la maniglia di una porta. Con un balzo solo fu nell’alcova snudando il kandjar, risoluto a farsi uccidere coll’arma in mano, piuttosto che arrendersi.
Passò un minuto lungo quanto un secolo per lui, poi la porta si aprì e agli ultimi bagliori del crepuscolo, vide entrare una figura di donna, avvolta in un ampio velo di mussola, che la copriva dal capo alle piante.
Ella s’arrestò un momento girando la testa intorno come se presentisse che qualcuno era lì entrato, poi s’avvicinò alla finestra senza produrre il più lieve rumore, curvandosi sul davanzale.
Le grida che poco prima avevano attratto Nadir a quella stessa finestra, si fecero udire nel giardino.
— Eccolo!
— Dàlli! Dàlli!
— Avanti, voialtri!
— Fuoco, Abbassi!
Poi una seconda archibugiata rintronò.
A quello sparo quella donna si gettò vivamente indietro, facendo un gesto di terrore.
— Infelice! — la udì esclamare con voce tremante Nadir. — Forse quegli sciagurati l’hanno ucciso!
Tornò a piegarsi sul davanzale, in preda ad una viva emozione, tradita dal tremito della sua leggerissima mussola, poi, non udendo più nulla, abbassò la tenda di seta azzurrina e tornò in mezzo alla stanza ad accendere una gran lampada dorata, appesa al soffitto.
Uno sfolgorìo abbagliante tosto l’avvolse tutta. Dai forellini della mussola scaturivano vivi baleni come se sotto vi fossero ori, perle, zaffiri e diamanti. Nadir, senza sapere il perchè, provò un vago timore.
— Chi è quella donna? — si chiese con voce soffocata. — Perchè nel trovarmi qui celato le mie membra tremano? È forse?...
S’arrestò. La sconosciuta con un movimento grazioso aveva slacciato i cordoni della mussola e l’aveva lasciata cadere ai suoi piedi,