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il re della montagna 37

Fece alcuni passi sotto un viale, con l’occhio in guardia e una mano sull’impugnatura del suo fido kandjar, poi s’arrestò curvandosi verso le muraglie del giardino. Involontariamente rabbrividì.

— E’ qui dentro — aveva gridato una voce. — L’ho visto io arrampicarsi sul muro; guarda là le tracce della scalata.

— Chi lo inseguiva? — chiese una voce chioccia, che pareva quella di un servo.

— Il cavaliere del re che abbiamo veduto cadere.

— E’ un ribelle, adunque?

— Se aveva dei soldati alle spalle, non può essere un galantuomo.

— Raccogli quanti uomini puoi ed entriamo nel giardino. Se il nostro padrone sa che un ribelle si è qui rifugiato, ci farà frustare a sangue.

— Corro subito.

— Una parola ancora. Fa’ ritirare tutte le donne nell’harem, onde non si spaventino.

— Lo farò e tu rimani lì, e se il briccone tenta di scappare, sparagli addosso. Lo sciàh ci pagherà a peso d’oro la testa.

— Non temere, armo le mie pistole.

— Sono perduto — mormorò Nadir quando non udì più nulla. — Mirza mi ha detto che degli uomini mi odiano e che mi ucciderebbero se avessi la sfortuna di cadere nelle loro mani. Dove nascondermi?

Guardò le mura, ma, come si disse, erano alte e lisce, impossibili a scalarsi. Guardò gli alberi, ma non ve n’era uno che fosse così folto, da poterlo nascondere agli occhi di coloro che si preparavano a visitare il giardino. Un’idea fortunatamente gli balenò nel cervello.

— Mi ricordo che Mirza mi disse che gli harem servono di casa alle mogli dei gran signori — mormorò. — Se chiedessi protezione ad una di esse? Una donna non può essere cattiva.

Rimise il kandjar nella cintura e s’inoltrò sotto un viale, fiancheggiato da grossissimi platani che proiettavano una fitta oscurità, e che pareva dovesse menare ad un luogo abitato. Il venticello aveva allora cessato di sussurrare tra le frondi; solo udivasi il dolce mormorìo delle fontane ed i lontani tremolii delle mandole.

Aveva percorso un cinquecento passi, quando qualche cosa di bianco e di vasto colpì i suoi sguardi. Non sapendo cosa fosse, si fermò, indeciso fra il tornare indietro e l’andare innanzi.

— Se retrocedo, mi prenderanno — disse dopo alcuni istanti. — Tanto vale tirare innanzi.