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196 | emilio salgari |
— Ma che siano tutti fuggiti? — si chiese il vecchio con ansietà. — Questo silenzio mi fa paura.
— Ma per dove? — chiese Harum. — Tre o quattrocento persone non possono sparire.
— Avanti — disse Nadir, che era diventato pallido pallido. — Tu, begler-beg, fa’ visitare i giardini ed i cortili.
Salirono la scala reale che conduceva nella sala del trono e trovarono la porta aperta. Un uomo vestito riccamente stava in mezzo al salone, dinanzi al trono d’oro smaltato di diamanti.
Nadir gli si precipitò addosso col kandjar alzato, gridando:
— Dov’è lo sciàh?
— L’ignoro — rispose quell’uomo.
— Parla, o ti uccido!...
— Puoi uccidermi, ma non posso dire quello che io ignoro.
— Poche ore or sono lo sciàh era qui — disse Mirza.
— È vero.
— Ov’è nascosto?
— E’ disceso nei giardini un’ora fa, seguito da alcuni principi fidati.
— E non è più rientrato? — chiese Nadir.
— No.
— E la fanciulla dai capelli biondi che doveva impalmare, dov’è?
— Ho veduto due uomini che la portavano nel giardino.
— Tu menti! — urlò Nadir con disperazione.
— La mia vita è nelle tue mani: a quale scopo dovrei ingannarti?
— E’ fuggito adunque lo sciàh?
— Lo temo.
— Ma dove?
— Non lo so.
— Dove sono le donne della casa?
— Nelle loro stanze.
— Ed i servi, i principi?
— Li avete uccisi.
— Ma tu chi sei? — chiese Mirza.
— Il nasak-tchi-bachi1 dello sciàh — rispose egli.
— Mirza! — gridò Nadir. — Io l’ho perduta!...
- ↑ Grande maresciallo e giustiziere.