Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
il re della montagna | 191 |
contro le case di fronte, frantumando le finestre, spezzando i colonnati, fracassando i poggiuoli, sfondando le pareti; e le guardie di polizia finivano a colpi di kandjar i feriti che si dibattevano sulle pietre insanguinate della piazza. Pareva che volessero terrorizzare la popolazione della capitale.
Ma ormai alle porte della città ruggiva l’insurrezione. Dai quattro punti cardinali, dall’oriente, dall’occidente, dal mezzogiorno e dal settentrione, si udivano echeggiare scariche formidabili ed un urlìo che cresceva rapidamente.
Per le quattro ampie vie che mettevano alla piazza reale, si vedevano avanzare delle fitte colonne di uomini armati: erano i prodi figli del nevoso Demavend, guidati da Harum, erano i Curdi, le tribù militari e quelle dei Kadjars, che correvano ad assalire le truppe dell’usurpatore ed a punire i traditori.
Gli artiglieri del corpo dei cammelli, fedeli alla parola data, avevano aperto a loro le porte, ed i partigiani del giovane Re della Montagna s’avanzavano animosi verso il palazzo reale, urlando:
— Viva Nadir sciàh!...
Dileguata la folla terrorizzata dalle scariche delle guardie reali, un’altra aveva invaso le vie, e questa non era nè inerme, nè atterrita. Quella parte della popolazione che aveva aderito alla congiura, i partigiani tutti dell’assassinato Luft-Alì, udendo tuonare le artiglierie ed echeggiare gli evviva al giovane re, erano discesi nelle strade coi moschetti e coi kandjar in pugno, per appoggiare le mosse dei quattro corpi che s’inoltravano compatti e ordinati verso il cuore della città.
Radunatisi nei quartieri centrali, avevano sollecitamente occupato le case fronteggianti il palazzo reale ed i giardini, disperdendosi perfino sui tetti, e di là sparavano dalle finestre, dai poggiuoli, dagli abbaini, cercando di scacciare le truppe reali, che ormai avevano invaso tutta la piazza, collocando le artiglierie agli sbocchi delle strade.
Quelle guardie, scelte fra le tribù più bellicose ed organizzate come gli eserciti europei, potevano opporre una lunga resistenza. Erano seimila, comandate dai khan e dai ministri del re, ed a loro si erano uniti tutti i servi dello sciàh, perfino i rich sifid, ossia le così dette barbe bianche, dignitari dell’harem delle donne, i guardiani, i kalionondars, ossia portapipe del re, ed i kahoedji bachi, ossia i versatori di caffè, personaggi importanti alla corte persiana.