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188 emilio salgari

— Il palazzo reale ha chiuso le porte.

— In tale notte di festa?

— Sì, begler-beg — disse Nadir. — I luogotenenti di polizia parlano d’una imminente insurrezione.

— Siamo stati traditi?

— È a te che lo domando — disse Nadir.

— Che qualche cosa sia trapelato? Tu sai, signore, che i nostri partigiani sono molti, e forse qualcuno può essersi lasciato sfuggire una imprudente parola.

— Sono pronti i congiurati? — chiese Nadir.

— Non aspettano che il rombo dei cannoni, — rispose il begler-beg. — I miei fidi hanno visitato or ora i quartieri, e so che tutti sono pronti ad appoggiare le truppe a noi fedeli.

— Credi tu che possa fuggire lo sciàh?

— È impossibile, — rispose il begler-beg. — La Corte è troppo numerosa per fuggire fra il tumulto d’un assalto; e poi noi faremo subito circondare i giardini reali.

— Comunicano coi bastioni della città?

— Sì, — disse il begler-beg.

— Silenzio — disse Mirza. — Udite?

— Che cosa — chiese Nadir.

— Non odi un lontano gridìo?

— Che siano i Curdi che s’avanzano?

— È mezzanotte, Nadir — disse Mirza.

In quell’istante, sui bastioni della città si udirono tuonare parecchi colpi di cannone, e pochi istanti dopo, parecchi altri in diverse direzioni.

Vi tenne dietro un cupo silenzio, poi verso la piazza di Meidam s’udirono parecchie cannonate, seguite da urla orribili, e attraverso alla larga via si videro passare, a corsa sfrenata, ondate di popolo che metteva grida di spavento.

— Le guardie del re mitragliano il popolo — disse il begler-beg. — Si conduca il cavallo dello sciàh!

Un destriero bianco, un superbo animale del Khorassan, splendidamente bardato, con una lunga gualdrappa di seta cremisi infioccata e adorna di perle preziose, venne condotto in mezzo al cortile.

— A cavallo, Nadir! — gridò Mirza, mentre altri venti cavalli uscivano dai porticati.