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il re della montagna 187

— Ed i Kadjars?

— A quest’ora forse s’avvicinano, approfittando dell’oscurità.

— E gli artiglieri del corpo dei cammelli?

— Sono fedeli, Nadir. Lo hai veduto stamane, quando è passato il begler-beg.

— Ma la popolazione mi sembra inerme, Mirza.

— Chi ti dice che fra questa popolazione vi siano i nostri partigiani? No, Nadir: essi si tengono nelle loro case, e quando i pezzi degli zambourektchi tuoneranno, tu li vedrai precipitarsi nelle vie colle armi in pugno al grido di: Viva Nadir sciàh.

— E poi?

— Zitto!... Toh!... Si chiudono le porte del palazzo reale.

— Che sia terminato il ricevimento dei principi, dei governatori e dei khan?

Mirza non rispose. Con la fronte aggrottata, lo sguardo inquieto, mirava le porte del palazzo reale che si chiudevano con una certa precipitazione.

— Che cosa succede? — mormorò. — Che si prendano delle precauzioni, o che si prepari qualche sorpresa?

— Temi qualche cosa, Mirza? — chiese Nadir con apprensione.

— Può essere.

— Ma le guardie rimangono sulla piazza.

— È vero, ma... andiamo dal begler-beg. Fra mezz’ora i cannoni daranno il segnale dell’insurrezione.

Lasciarono il porticato e, sempre accompagnati dai quattro taciturni Curdi, che li seguivano come se fossero le loro ombre, si ricacciarono nella folla, prendendo una larga via del quartiere aristocratico. Percorsi cinquecento metri, si arrestarono dinanzi ad un palazzo massiccio, sormontato da un alto minareto illuminato.

Vi entrarono dopo d’aver scambiato alcune parole coi servi che vegliavano dinanzi al portone e che erano armati come se temessero un improvviso assalto, e si diressero verso un cortile quadrato, attorniato da portici.

Un uomo che stava nascosto dietro una colonna si fece innanzi.

— Ebbene, signore? — chiese rivolgendosi a Nadir.

— Gravi cose succedono nel palazzo reale — rispose invece Mirza.

— E quali, sadri-azem?