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166 emilio salgari

Città fatale che mi hai sedotto... che m’hai attirato fra le tue spire!... La montagna non bastava a vent’anni!...

Un singhiozzo gli soffocò la voce.

— Basta, Nadir — disse Mirza. — Disgraziato, vuoi farmi morire di dolore? Vuoi che questo povero vecchio, il quale ha affrontato tante bufere, ed ha veduto cadere attorno a sè tutti quelli che amava, e conosce i traditori, gli assassini, muoia prima di vendicarti?

— Vendicarmi!... — esclamò Nadir con voce rauca. — Chi è che parla di vendicarmi?... Che vale la vendetta... ora che la donna che amavo è perduta... per me... e per sempre?... Maledetto è il mio destino!... Lasciatemi morire... qui... sulla mia montagna!...

— No, Nadir, bisogna vivere — disse Mirza. — Un giorno noi ridiscenderemo a Teheran, non più vinti, ma vincitori.

— Laggiù... a Teheran! — esclamò Nadir con un triste sorriso. — Teheran!... Teheran!.. Quanto mi costa una tua visita!... Meglio sarebbe stato... che mai avessi lasciato la mia montagna... che mai avessi veduto i cavalieri del re... caracollare per la tua pianura... che mai avessi mirato i bagliori... delle tue cupole dorate... e che mai quella voce misteriosa... m’avesse susurrato... che la montagna non mi bastava...

Poi fu preso da un impeto di furore e cercò di strapparsi le fasce che gli coprivano la ferita; ma Mirza ed Harum lo trattennero. Lo sventurato giovane, in preda ad un delirio spaventevole, non riconosceva più i suoi amici e non udiva più la loro voce.

Si dibatteva come un forsennato, tentando di gettarsi giù dal letto, e invocava con voce straziante l’adorata fanciulla, che in quel mentre le guardie dello sciàh traevano a Teheran. Quell’accesso però fu di breve durata; a poco a poco le forze gli vennero meno e si assopì profondamente, o, meglio, fu colto da una specie di svenimento che gli durò parecchie ore.

Quando si risvegliò pareva più tranquillo. Sorrise tristamente a Mirza e ad Harum, che non lo avevano lasciato un solo istante, poi si rinchiuse in un feroce silenzio e non parlò più nè della fanciulla, nè di Teheran, nè dei rapitori, nè del suo castello.

Alla sera i superstiti della terribile pugna giunsero alla capanna. Erano sedici, per la maggior parte feriti: si erano salvati balzando dalle finestre del fiammeggiante castello, ed avendo scoperte le tracce di Harum e di Mirza, le avevano seguìte, giungendo lassù.