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il re della montagna | 165 |
— Vi sono dei tesori favolosi adunque nei sotterranei del castello?
— Il tesoro dello sciàh assassinato: oro a montagne e forzieri ricolmi di diamanti. Basterà uno solo, la luna della montagna1, per corrompere i curdi e gli illiati non solo, ma anche le tribù belligere degli Jakaroubâh e dei Kadjars.
In quell’istante sfuggì un gemito dalle labbra del ferito. Mirza ed Harum si curvarono premurosi su di lui.
Nadir aveva aperti gli occhi e li fissava su di loro; stette un momento a contemplarli, poi tese le braccia ed afferrò le loro mani, stringendole. Due lagrime gli spuntarono sugli occhi e scesero lungo le sue pallide gote.
— Fathima — mormorò con un filo di voce.
— Taci, figliuol mio — disse Mirza, singhiozzando.
Nadir emise un profondo sospiro ed una cupa fiamma gli illuminò lo sguardo.
— Me... l’hanno... rapita — mormorò.
Uno spasimo supremo alterò i suoi lineamenti, e si strinse il petto con ambe le mani, raggrinzando le dita sulle fasce insanguinate.
— Rapita — riprese con voce sorda. — Ove... sarà... la mia Fathima?...
— Taci, Nadir — ripetè Mirza.
— Fatalità – continuò lo sventurato. — Cosa avevo... fatto io a costoro... perchè me... la rapissero?... E mi hanno... incendiato il castello... mi hanno ferito... spezzato il cuore... Meglio se mi avessero... ucciso!... Teheran... città fatale... non ti avessi mai veduta... non sarebbe ora distrutta... la mia felicità...
— Nadir! — esclamò Harum, che piangeva come Mirza. — Sì, è mia la colpa, ma io ignorava il destino tremendo che ti doveva colpire. Se non per me, mai forse avresti lasciata questa montagna!
Ma Nadir non lo ascoltava. Il pensiero dello sventurato vagava lontano, lontano.
— Ti vedo — riprese, con voce morente. — Ti rivedo... o mia adorata fanciulla... nella stanza colle cortine di seta azzurra... bella come una dea scesa dal cielo... come un raggio di sole... Mi guardavi... mi dicevi che ero leale... che ero il tuo Nadir... E me l’hanno rapita!...
- ↑ Questo grosso diamante, che faceva parte del tesoro degli sciàh persiani, adorna oggi la corona imperiale di Russia.