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denti formati da due smeraldi grossi come noci, completavano l’abbigliamento della giovane sposa.

Nadir, nel vederla, emise un grido di stupore e fece atto di correrle incontro colle braccia tese, esclamando:

— Fathima! Luce de’ miei occhi!...

Mirza però lo trattenne, mentre il mollah, ritto dinanzi al letto nuziale, impartiva la benedizione di Allah a tutti i presenti.

— Che la sposa s’avanzi! — gridò Mirza.

Fathima si fece innanzi, sorridendo a Nadir, che la divorava cogli sguardi, come se volesse attirarla colla potenza de’ suoi occhi, e rossa per la commozione e per la gioia che la invadevano.

— Oh mio amato Nadir — mormorò. — È troppa la felicità!...

Il mollah collocò gli sposi dinanzi allo specchio, pose le mani dell’uno in quelle dell’altra, il piede destro di Nadir su quello della giovanetta, poi, alzando le mani verso il cielo e volgendo il capo verso la Mecca, la città santa di Maometto, gridò con voce da ispirato:

— Allah sia...

Non finì. Una scarica violenta echeggiò al di fuori e una grandine di palle entrò per le finestre, mentre sulle balze della montagna risuonavano feroci clamori.

Un istante dopo un montanaro coperto di sangue, tenendosi ambe le mani strette al petto si slanciava in mezzo alla sala e stramazzava ai piedi degli sposi inorriditi, rantolando:

— Tradimento!... Le guardie del re vi assalgono.