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il re della montagna | 127 |
— Dove hai incontrato questa fanciulla?
— A Teheran, ed a lei devo la mia salvezza. Senza di lei, a quest’ora il tuo Nadir sarebbe morto.
— Sai, Nadir, che ella ha nei suoi occhi lo stesso lampo fiero che scorgo nei tuoi?...
— È strano, Mirza.
— E sai tu che nei suoi lineamenti io scorgo dei tratti che ho veduti sul viso di un’altra persona?
— Di quale? — chiese il giovanotto con istupore.
— Di una donna che aveva i capelli pure biondi, gli occhi neri, ed eguali lineamenti.
— Chi era?
— Tua madre, Nadir!
— Mia madre!... Sogni, Mirza?
— No, non sogno.
— È impossibile!
— È vero invece, Nadir.
S’avvicinò bruscamente alla giovanetta, che non era meno stupita di Nadir, e le chiese:
— Qual è il tuo nome?
— Fathima — rispose ella.
— Ma quello di tuo padre?
— Non lo seppi mai.
— Ma avrai un padre tu!
— Non l’ho mai veduto.
— L’hanno ucciso forse? — chiese Mirza, con voce agitata.
— Lo ignoro.
— Ma tua madre?
— Non l’ho mai conosciuta.
— Ma eri sola nel tuo palazzo?
— No: ero nel palazzo d’un principe.
— Il suo nome?...
— Hagdi Ibrahim.
Mirza emise un grido. Indietreggiò pallido come un morto e andò a cadere su di un cuscino di seta, come se le forze gli fossero improvvisamente mancate. Lampi feroci gli balenavano nello sguardo, ed i suoi lineamenti, così dolci, avevano assunto in quel momento un’espressione così selvaggia da far paura.