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il re della montagna 117

— Guarda, Fathima: lassù, fra le balze della montagna nevosa, vi è un vecchio castello; laggiù vi è Teheran, la capitale della Persia tutta. Lassù non udrai che i fischi del vento, i gridi delle aquile, e non vedrai che me, il vecchio Mirza e i banditi della montagna; laggiù vi è la grandezza, lo splendore, la potenza, il fasto di una Corte, che non ha l’eguale in tutta l’Asia. Scegli!...

— Scelgo l’amor tuo, Nadir, e la tua montagna — rispose la giovanetta.

— Non rivedrai più mai Teheran, Fathima.

— Non importa.

— La montagna è bella, ma lassù non vi è fasto.

— Mi basta il tuo castello.

— È fredda la montagna, Fathima.

— Voglio vivere con te, mio leale e prode Nadir.

— Vieni adunque, e ti farò la più felice delle donne.

— Partiamo — disse Harum.

I cavalli si riposero in marcia, ascendendo le colline che, succedendosi le une alle altre, coperte di boschi, formano i primi contrafforti della catena degli Albours.

Lasciarono sulla loro sinistra Ask e proseguirono verso il Demavend, che ormai era a poche miglia e che speravano di raggiungere fra qualche ora.

Harum, pratico dei luoghi, sceglieva i sentieri meno battuti, procurando di mantenersi nascosto fra i boschi di querce, di faggi, di pioppi, di betulle e di ginepri, per non farsi scorgere dai pastori che potevano tenersi in quei dintorni e recare ai villaggi la notizia del passaggio di quel drappello.

Calavano le tenebre, quando giunsero ai piedi dell’enorme montagna, le cui vette erano indorate dagli ultimi raggi del sole morente.

Senza dar riposo ai cavalli, volendo raggiungere il diroccato castello quell’istessa notte, salirono intrepidamente i dirupati fianchi della montagna, lambendo abissi e burroni scoscesi, in fondo ai quali muggivano furiosi torrenti.

Dalle alte regioni della grande montagna scendeva un vento rigido, che s’ingolfava nelle gole ululando lamentosamente e facendo stormire le fronde dei boschi e degli smisurati pioppi.

Nadir si era levata di dosso la giubba e l’aveva gettata sulle spalle alla giovinetta, che tremava pel freddo, non essendo abituata