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96 | Capitolo VIII. |
Siete avvertiti.
— Saremo pronti, — rispose Ursoff, il timoniere dello Sparviero.
Fedoro accostò un orecchio alla porta e ascoltò qualche istante.
— Vi è della gente dentro, — disse. — Saranno i consiglieri della gaida occupati a tramare qualche buon colpo.
Bah!... Siamo tutti bene armati! —
Si levò da una tasca una grossa rivoltella americana e col calcio battè cinque colpi.
Il mormorìo, che poco prima aveva udito, cessò bruscamente; poi una voce rauca chiese:
— Chi siete? L’ora è tarda e non si apre a nessuno.
— Nostra Signora di Kazan, — disse Fedoro.
— Ah! La parola d’ordine! —
Si udì cadere a terra una sbarra di metallo, poi la porta si aprì, lasciando sfuggire una vera nuvola di fumo puzzolente.
Fedoro ed i suoi compagni, uno ad uno, entrarono in una vasta sala, malamente illuminata da un becco a gaz che irradiava intorno a sè una brutta luce giallognola.
Dinanzi ad un tavolo, su cui si vedevano parecchi vasi che tramandavano un acuto odore d’acquavite di segala, sette od otto brutti figuri, malamente vestiti, sparuti probabilmente più per le continue orgie, che non per la fame, stavano in piedi, stringendo delle rivoltelle.
Erano tutti giovani e robusti, eccettuato uno che aveva una lunga barba già biancastra ed una statura più che gigantesca.
— Nostra Signora di Kazan, — ripetè Fedoro, avanzandosi coraggiosamente verso quei banditi.
— Tu, signore! — esclamò il vecchio, facendo un gesto di sorpresa.
— Ti avevo detto che sarei venuto a trovarti, — rispose Fedoro. — Ti conduco i miei amici che aspettavo. —
Il vecchio fece un leggero inchino; poi, con un gesto energico, additò ai suoi compagni la porta, dicendo con voce imperiosa:
— Non ho più bisogno di voi. —
Fedoro attese che quei brutti figuri fossero usciti, quindi, volgendosi verso Ranzoff, disse:
— Ecco il presidente della gaida degli Hoolygani. —