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I misteri di Pietroburgo 93


viscolo scintillante, facendo tintinnare furiosamente i campanelli delle dughe e scoppiettare le corte fruste.

— Ecco il capitano Rokoff del 12.° Regg. del Don, di cui vi ho parlato, — disse Ranzoff. — Ed ecco qui il signor Fedoro Mitenko, il ricchissimo negoziante di the di Odessa. Già, Wassili li conosce entrambi. —

I quattro uomini tornarono a stringersi le mani con maggior effusione di prima.

— A voi molto dobbiamo, — disse Wassili, — e non sappiamo come potremo sdebitarci di quello che avete fatto.

— Per le steppe del Don! — esclamò il capitano dei cosacchi, colla sua voce grossa ed un po’ rauca. — Siamo ancora vivi, mercè l’intervento del signor Ranzoff, il quale ci ha strappati ai chinesi proprio nel momento in cui stavano per decapitarci, come se fossimo briganti.

Come potevamo rifiutarci di aiutare i suoi amici?

— E siamo anzi tutti e due a loro intera disposizione, — aggiunse il negoziante di the. — Conosciamo la vostra storia, signori; sappiamo che siete stati condannati innocenti ed io ed il mio amico Rokoff faremo di tutto per riabilitarvi ed anche per vendicarvi.

Già speriamo di essere ormai sulla buona via.

— Avete qualche cosa di nuovo, dunque? — chiese il capitano dello Sparviero, conducendo i suoi compagni verso uno dei boschetti deserti fiancheggianti la Neva.

— Abbiamo trovato, durante la vostra assenza, un potente alleato.

— Chi è?

— Un uomo veramente poco onorevole, ma che ci aiuterà efficacemente nelle nostre indagini.

— Lo indovino: il presidente della gaida degli Hoolygani.

— Avete colpito nel segno, signor Ranzoff.

— Una grande canaglia che però in questo momento vale meglio di tutta la polizia russa.

— È vero, capitano.

— Gli avete comunicato l’affare?

— Sì, e quando ha appreso che due personaggi così distinti, come i signori Wassili e Boris, sono stati accusati di essere membri del Consiglio della gaida, si è mostrato terribilmente indignato. Che cosa volete? Quei furfanti posseggono una, diremo così, cavalleria tutta loro speciale.