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I misteri di Pietroburgo | 89 |
Attraverso il nebbione, rotto di quando in quando da lampi strani, lanciati dai poderosi fanali di quelle strette slitte senza schienale, chiamate dai russi egoisti, trascinate da vigorosi cavalli lanciati a corsa sfrenata, salivano mille fragori: colpi di frusta, galoppare di animali, grida umane mescolate al rombo sinistro delle acque della Neva non ancora interamente gelate.
Il capitano, l’ex-comandante della Pobieda e Wassili, curvi sul parapetto di prora, seguivano attentamente quella linea che fiammeggiava al di sotto della nebbia, ora lucidissima ed ora opaca.
Una profonda emozione pareva che si fosse impadronita dei due fratelli. Ranzoff invece conservava una impassibilità meravigliosa.
Lo Sparviero, reso invisibile dai fitti vapori, s’avanzava sempre lentamente, guidato da Liwitz e da uno dei cinque marinai. Non producendo alcun rumore, ed avendo tutti i fanali spenti, nessuno poteva accorgersi della sua presenza. A un tratto quella striscia doppia di luce scomparve quasi bruscamente.
— Ci siamo, — disse Ranzoff, indicando un gruppo di fiammelle che brillavano lontane. — Quello è l’albergo di Dvor, dove troveremo il capitano Rokoff ed il suo inseparabile amico.
Sono appena le undici e prima di mezzanotte non lo lasceranno: questa è la parola d’ordine.
Liwitz, fa preparare una scala di corda. Siamo sopra uno degli isolotti della Neva e caleremo in uno dei suoi boschetti.
Le troike non passano qui sotto.
— I vostri ordini prima, signore, — chiese il fedele macchinista.
— Hai mai contemplato dall’alto il lago Ladoga?
— Mai, signore.
— Ci sono dei salmoni splendidi e anche delle superbe trote che valgono quelle famose che noi abbiamo pescato nel Carakurum e che hanno fatto tanto stupire quel bravo signor Rokoff, — rispose il capitano, ridendo. — Te le ricordi?
— Sì, signore.
— Ti piace la pesca!
— Molto.
— Va dunque a nascondere il nostro Sparviero in mezzo ad una di quelle pinete e dedicati esclusivamente alla pesca.
Ogni sera, alla mezzanotte, tu seguirai, a grande altezza, la via che ci sta sotto e che tu, antico abitante della capitale, conosci forse meglio di me.