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Il Re dell'Aria 73


Le murate del legno furono scaraventate in mare, insieme ai due alberi ed al cassero, e sulla sua tolda si aprì una voragine fiammeggiante.

— Le macchine sono saltate, — disse il capitano dello Sparviero. — C’era un chilogrammo di dinamite nell’obice.

Il mio è un pezzo di cannone veramente ammirabile.

Liwitz, ci alziamo. Spingi a tutta velocità.

Fra sei giorni voglio salutare le rive della Neva. —

Lo Sparviero descrisse una grande curva, poi, raggiunti i cinquecento metri d’altezza, si slanciò a corsa sfrenata al di sopra dello stretto di Tartaria, muovendo verso l’Amur.

— Vieni, fratello, — disse Wassili, prendendo per una mano Boris. — Io ti farò vedere ora questa macchina meravigliosa. —


CAPITOLO VII.

Il Re dell’aria.

Lo Sparviero era realmente una macchina meravigliosa, di una perfezione inaudita, sbalorditiva, che aveva sciolto l’arduo problema della navigazione aerea che da tanti anni turbava le menti degli scienziati.

Non era già un aerostato, poichè il gas non ci aveva nulla a che fare, bensì una vera macchina volante, una specie di uccellaccio che fendeva arditamente l’aria colla sicurezza di un condor della Cordigliera americana o di un’aquila europea od africana.

Consisteva in un fuso, non più lungo di dieci metri, con una circonferenza di cinque nella parte centrale, costruito in un metallo quasi argenteo, probabilmente alluminio, nel cui centro era collocato uno strano motore, che non era mosso nè dal carbone, nè dal petrolio, nè da alcun olio o essenza minerale, poichè non aveva alcuna ciminiera, nè si sentiva alcun odore.

Ai suoi fianchi, mosse da quel motore misterioso, che funzionava