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Una misteriosa spedizione | 5 |
la destra appoggiata alla barra del timone, scrutava sempre attentamente il mare e tendeva gli orecchi. Non riusciva però a raccogliere che il brontolìo delle onde frangentisi contro le scogliere dell’isola.
— Il guardacoste è scomparso, — disse finalmente. — Vedi più nulla, Liwitz?
— No, signor Wassili.
— Allora possiamo andare avanti. Se quel guardacoste vorrà darci la caccia, lo faremo correre, è vero, macchinista?
— Il carbone non vale l’aria liquida, — rispose Liwitz, con un sorriso.
— Tela, giovanotto!
Si udì un leggero sibilo, poi la scialuppa riprese la corsa, lasciandosi dietro una scia spumeggiante che si allungava indefinitamente.
Delle rapide e fortissime pulsazioni, prodotte da una macchina che non mandava fumo e che non espandeva quell’acuto e sgradevole odore del carbone, facevano fremere sonoramente lo scafo della baleniera, con un rombo metallico.
A poppa l’elica turbinava velocissima, imprimendo al piccolo galleggiante uno slancio irresistibile.
I marinai, seduti sui banchi, tacevano, tenendo fra le ginocchia dei fucili a retrocarica. Quella corsa durò dieci minuti, poi il signor Wassili, che teneva sempre la barra del timone, disse brevemente:
— Basta, Liwitz!
Il medesimo sibilo di prima si fece udire, poi la scialuppa si fermò quasi di colpo, sollevando dinanzi a sè un’ondata galleggiante.
— Che cosa c’è di nuovo, signor Wassili? — chiese il macchinista.
— Il segnale.
— Dove?
— Dinanzi a noi.
— Che quell’animale di Bedoff si sia finalmente svegliato?
— Così pare.
Il macchinista guardò, poi volgendosi verso uno dei cinque marinai, chiese:
— Il verde era segno di pericolo, è vero, Ursoff?
— Sì — rispose l’interrogato.
— Allora l’esecuzione del colonnello deve aver luogo domani mattina.
— Se avrà luogo, — disse il signor Wassili. — Lo Sparviero, quantunque noi non lo vediamo, deve essere sempre sopra di noi.