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38 Capitolo IV.


Giù quella benda!...

— Potreste impressionarvi, vedendovi prendere di mira.

— Non sono un vile, io!...

— Come volete, — rispose il capitano, ruvidamente. — Avanzatevi fino all’orlo della fossa e volgete il dorso ai miei cosacchi.

— Vorreste fucilarmi come un traditore!... — gridò il comandante con indignazione.

— Voi siete stato degradato, — disse seccamente Stryloff.

— Voi sapete, complice codardo di mio cugino il barone di Teriosky che io sono stato una vittima di quel miserabile.

— Silenzio: Uska, batti forte il tamburo!... Basta con le chiacchiere.

Il cosacco si mise a far rullare fragorosamente l’istrumento, onde soffocare la voce del comandante, mentre i suoi sei compagni si collocavano a dodici metri dalla buca, caricando le armi.

— Al vostro posto, se è vero che siete un coraggioso, signor Starinsky, — disse il capitano, facendo atto di spingerlo.

— Giù quelle mani, miserabile! — gridò il comandante. — Un capitano di mare non ha bisogno di alcun aiuto per affrontare la morte. —

Poi, con passo calmo, a testa alta, tenendo fissi gli sguardi su suo fratello che era diventato spaventosamente pallido, si avviò verso la buca che doveva servirgli di sepoltura.

Il capitano Stryloff lo aveva seguìto, armato di sciabola e di rivoltella.

— Voltate il dorso al picchetto armato, che deve giustiziarvi in nome del Piccolo Padre1.

— No, a nome vostro! — gridò il comandante.

— Silenzio: non siete che un numero e non avete alcun diritto di rispondere a me, supremo comandante del penitenziario, — tuonò il capitano. — Fra un mezzo minuto sarete morto con sei palle nel dorso.

— Ne siete ben sicuro?

— Vivaddio! I miei cosacchi hanno del piombo nei loro fucili e voi non siete invulnerabile.

Cosacchi!... Siete pronti?

— Pronti, — risposero i sei uomini alzando i fucili.

— Aspettate il mio ordine. —

Il capitano Stryloff diede un ultimo sguardo alla buca, poi rivolgendosi ancora al comandante, gli chiese rabbiosamente:

  1. Lo Czar.