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La presa della rocca 363


— Mia figlia!...

— Mio padre!... —

Un altro uomo si era slanciato verso di loro.

Il barone, per un momento dimenticato, aveva potuto alzarsi.

Fece tre o quattro passi barcollando, si portò ambe le mani al cuore, poi stramazzò al suolo mandando un vero ruggito.

— Wanda!... —

Ranzoff e Rokoff erano accorsi per sollevarlo.

— È morto, — disse il primo, con voce un po’ commossa. — Povero uomo!...

— Che il diavolo se lo porti, — rispose il cosacco. — Era tempo che questo vecchio pazzo se ne andasse. Finalmente si può respirare!.... —


CONCLUSIONE.

Dodici ore dopo, il piroscafo, scortato dalla macchina volante guidata da Ranzoff e da Liwitz, lasciava Ascenzione, portando gli arruolati del barone i quali, come abbiamo detto, si erano arresi senza opporre resistenza.

Solo il barone era rimasto sull’isolotto perduto sull’immenso Atlantico, sepolto sulla cima di quello scoglio che tanto aveva amato.

A Trinità la macchina volante, diventata ormai pericolosa dopo l’affondamento dei transatlantici e dell’incrociatore russo, fu fatta saltare, onde evitare delle probabili sorprese e delle terribili accoglienze anche in America. Imbarcato il tesoro, il piroscafo si diresse a tutto vapore verso New-York. Nessuno desiderava ritornare in Russia per non finire nuovamente nelle miniere di Algasithal o a Sakaline.

Che cosa importava ormai a Boris ed a Wassili la riabilitazione? Sapevano troppo bene che il governo russo difficilmente perdona, come sapevano pure che tutti gli sforzi tentati dal figlio del barone di Teriosky sarebbero riusciti vani.

D’altronde non avevano ormai Wanda?

I canadesi a Nuova York furono congedati, dopo averli pagati profumatamente, il piroscafo rimesso in libertà, i transatlantici affondati ricostruiti a spese di Ranzoff e dei suoi amici. Ora, coi milioni trovati a Trinidad, i nostri amici vivono, perfettamente felici, sotto la protezione della bandiera della libera America, senza aver nessuna paura di dover incorrere nelle vendette del governo russo.

Fine.