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Wanda 353


in una galleria le cui pareti erano tutte coperte da arazzi d’un gran valore, e si fermò dinanzi ad una porticina che subito aprì.

— La vostra stanza, — disse il marinaio. — Se non volete pranzare in nostra compagnia, vi farò servire qui.

— Lo preferiamo, — rispose Ranzoff.

— Fra due ore.

— Che un pesce-cane ti mangi, — disse Rokoff quando il quartiermastro fu uscito. — Io non ho mai veduto un simile orsaccio. Che ti colga un fulmine, animalaccio!...

— Ecco un vero orso di mare, — rispose Ranzoff, sorridendo.

Girò intorno lo sguardo. Si trovavano in una specie di cella, colle pareti coperte da pesanti drappi di broccato, un tavolino nel mezzo e due piccoli letti che avevano delle coperte di damasco di seta, rosso e giallo.

Un’ampia finestra, aperta nella roccia e che prospettava sulla valletta, dava aria e luce abbondante.

— Non si starebbe mica male qui, — disse Ranzoff al cosacco.

— Il male è che non vi potremo rimanere a lungo, — rispose Rokoff.

— Fino al tramonto e niente di più.

— Mi spiegherete ora che cosa avete intenzione di fare.

— Una cosa semplicissima, — rispose il capitano dello Sparviero.

— Quale?

— Portar via a quel vecchio pazzo la ragazza.

— E la chiamate una cosa semplicissima?

— E perchè no, signor Rokoff? Avete paura? Non lo crederei, perchè avete date a me troppe prove di avere del coraggio da vendere.

— Per le steppe del Don!... Volete che ammazzi con un pugno quell’orsaccio che ci ha condotti qui? Ditemelo!...

— Non vi chiedo tanto.

— Che cosa devo fare dunque?

— Aiutarmi e niente di più.

— Fulmini!... Ho sei palle nella mia rivoltella e due braccia che sono come sbarre d’acciaio.

— È appunto per questo che ho preferito condurre voi qui, — disse Ranzoff, sorridendo. — Voi valete come quattro uomini.

— Ma voi non sapete dove si trova la stanza della signorina?

— Non abbiamo ancora pranzato, signor Rokoff. Aspettiamo dunque.

— Io non riuscirò mai a capirvi.