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350 Capitolo XI.


Quando scomparve dietro l’arazzo che serviva come da portiera, il barone tornò verso Ranzoff. Aveva la fronte aggrottata e lo sguardo cupo.

— Perchè mio figlio vuole che io ritorni in Russia? — chiese coi denti stretti.

— Perchè dei gravi avvenimenti succedono e che voi solo potreste scongiurare, — rispose il capitano dello Sparviero.

— Quali? — chiese il vecchio, colpito dall’accento grave ed un po’ misterioso del polacco.

— Sapete voi di aver dei nemici, signor barone?

— Sì, i miei due cugini, due furfanti appena degni della Siberia.

— Vi ho detto che sono riusciti a fuggire dalle miniere d’Algasithal uno e l’altro da Sackaline.

— Me ne ricordo.

— Ebbene essi ora si vendicano.

— Di che cosa?

— Di voi, signor barone.

— Di me? E perchè?

— Pare che abbiano dei gravi motivi per odiarvi. Quali sono? Io lo ignoro, poichè vostro figlio non si è spiegato di più con me. Sappiate però che essi hanno cominciate già le loro vendette.

— In quale modo?

— Distruggendo i vostri transatlantici.

— Avete detto? — gridò il vecchio pazzo, facendo un salto indietro.

— Che tre delle vostre migliori navi sono state colate a fondo dai vostri cugini, causando alla vostra Conpagnia una perdita di tre o quattro milioni di rubli.

— Siete pazzo o ubriaco?

— Nè l’uno, nè l’altro, signor barone, — rispose Ranzoff, senza mostrarsi offeso.

— Allora mi direte come hanno fatto ad affondarli.

— Con una tempesta di bombe.

— Sorte dal mare? — chiese il barone ironicamente.

— Gettate dall’alto invece, signor barone, — rispose Ranzoff.

— Voi mi burlate!...

— Chiedete al mio luogotenente se quanto io vi narro è pura verità.

— Verissima, — disse Rokoff. — Tre transatlantici affondati e anche un incrociatore russo che cercava di dare la caccia ai vostri nemici, signor barone.