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348 Capitolo XI.


Il viso rosso, quasi congestionato del vecchio barone divenne improvvisamente bianchissimo, anzi pallidissimo.

— Sono stati graziati? — disse poi.

— Sì, signor barone.

— Perchè?

— Non lo so.

— Eppure erano due grandi colpevoli, che tramavano contro la vita del Gran Padre. —

Ranzoff credette opportuno non rispondere.

Il barone si era messo a passeggiare nervosamente per la stanza, col capo chino sul petto e le mani strette dietro il dorso.

Ad un tratto si fermò dinanzi a Ranzoff, chiedendogli bruscamente:

— Chi è l’uomo che è insieme a voi?

— Il mio secondo di bordo.

— Infatti me l’avevano detto, — rispose il barone, continuando a passeggiare.

Si fermò un momento, passandosi replicatamente una mano sulla fronte solcata da rughe precoci, poi chiese:

— E che cosa vuole mio figlio?

— Ricondurvi in Russia, signor barone, prima che i vostri cugini vi sorprendano qui.

— Qui!... — gridò il barone, con un urlo da belva feroce. — Vengano se l’osano. Wanda!... —

La tenda si era nuovamente alzata ed una bellissima giovane di sedici o diciassette anni, biondissima, cogli occhi azzurri, la carnagione bianca, quasi diafana, che indossava il pittoresco costume cosacco, tutto rosso con alamari d’argento e stivaletti altissimi, di pelle rosea, a quella chiamata era accorsa.

Vedendo quei due sconosciuti, rimase un momento come sorpresa, poi fece un leggero inchino.

— Bella!... — mormorò Rokoff. — Bellissima!... —

Il barone si era voltato verso la fanciulla con una mossa fulminea.

— Vedi questi uomini? — gridò con voce strillante. — Sono stati mandati da mio figlio per ricondurti in Russia!... —

La giovane rimase muta, guardando con vivissima curiosità Ranzoff ed il capitano dei cosacchi, i quali l’avevano salutata con un profondo inchino.

— Mi hai udito? — urlò il vecchio pazzo, che era stato preso da un improvviso scoppio di collera.