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346 | Capitolo XI. |
cosa vogliamo? Vedere il signor barone di Teriosky, avendogli da comunicare delle gravi notizie da parte di suo figlio.
Udendo quelle parole il viso arcigno del gigante si rasserenò alquanto.
— È il signor baronetto che vi manda? — chiese con tono meno burbero.
— Mi pare di avervelo già detto, — replicò Ranzoff.
— Ma chi siete voi?
— Un capitano della Compagnia.
— E l’altro?
— Il mio secondo. —
Il quartiermastro parve un po’ imbarazzato, poi alzò le spalle dicendo:
— Sono cose che riguardano il padrone; seguitemi, signori, non prima di aver dato ordine alla scialuppa di tornare a bordo. Le precauzioni non sono mai troppe e gli ordini precisi.
Ranzoff fece cenno ai marinai della baleniera di lasciare la spiaggia e si unì agli arruolati del barone, dicendo al quartiermastro:
— Siamo a vostra disposizione.
— Seguitemi, — rispose l’altro bruscamente.
I ventitrè uomini si misero in cammino, risalendo la valletta la quale doveva condurli di fronte all’altissima roccia dominante l’intero isolotto.
Il quartiermastro apriva il passo, subito seguìto da Ranzoff e dal cosacco; gli altri venivano dietro, in doppia colonna, sorvegliando attentamente i messi del baronetto.
La marcia attraverso a sterpi, a corte e durissime erbe e a pietre gigantesche rotolate dalle vicine colline, durò una buona ora, poi il drappello si fermò dinanzi all’immensa muraglia rocciosa, la quale scendeva quasi a picco.
— Ci siamo, — disse il quartiermastro, volgendosi verso Ranzoff e al cosacco.
Prese un piccolo sentiero ripidissimo e lo salì, finchè raggiunse una gradinata scavata nella viva roccia, con una piccola balaustrata di ferro da parte a parte.
La salita durò una buona mezz’ora, poi il drappello si cacciò per un’apertura, inoltrandosi in un’antica galleria ingombra di lave.
Ranzoff ed il capitano dei cosacchi osservavano attentamente.
Dentro l’enorme roccia i corsari o gli arruolati del barone dovevano