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Il prigioniero 343


Non li assalite quando avranno bevuto, perchè allora si batteranno come demoni scatenati dall’inferno.

— Saprò regolarmi, — disse Ranzoff, con un sottile sorriso. — Attaccheremo verso l’alba, quando cioè avranno digerita per bene la loro sbornia. —

Poi, guardandolo fisso, gli chiese:

— Se io te lo ordinassi, mi guideresti fino al rifugio? Ti avverto che io agisco per conto del padre della fanciulla.

— Quando vorrete io sarò a vostra disposizione, — rispose il giovanotto, — poichè io compiango sinceramente la triste prigionia di quella signorina che so essere la figlia d’un bravo comandante, d’un leale uomo di mare come sono anch’io.

— Chi te lo ha detto?

— Lei stessa, signore, in un momento di grande sconforto.

— Dunque io posso contare su di te?

— Interamente, anche senza i rubli che mi avete promessi.

— Sei un bravo giovane. Ti chiami?

— Giovanni Gadomsky.

— Un polacco, se non m’inganno.

— Sì, signore.

— Ho piacere di aver trovato un leale compatriota, — disse Ranzoff.

Un rapido rossore colorì le guance del prigioniero.

— Anche voi polacco!... — esclamò con profonda emozione.

— Sì, amico.

— Allora non avrò mai da pentirmi di avervi reso un così piccolo servigio.

— Non piccolo, grandissimo. Avanti, canadesi: date dentro ai remi. Ecco lo Sparviero che giunge per raccoglierci. —