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Il prigioniero 335


Ridiscese con precauzione e raggiunse i compagni i quali lo aspettavano coi fucili in mano.

— Andiamo a esplorare la valletta e a cercarci un rifugio, — disse loro.

— Avete scorto nessuno? — chiese Rokoff.

— Non ho gli occhi dei gatti, — rispose Ranzoff.

— Ma nemmeno un lume?

— Neanche quello.

— Che siano scappati?

— E con che cosa, se non hanno più la torpediniera?

— Non so, con delle zattere per esempio.

— Non vi sono alberi qui.

— Dove si saranno dunque cacciati?

— In qualche luogo li scoveremo. Seguitemi tutti e badate di non far rotolare dei massi. Noi non sappiamo ancora se il rifugio di quei bricconi si trova vicino o lontano. —

Il piccolo drappello si dispose in fila indiana e superò la barriera formata da una lunga catena di rocce, scendendo silenziosamente nella valletta ed impegnandosi fra terreni difficili sparsi di rocce acute e di piccolissime zone erbose.

Procedendo quasi a tentoni, raggiunsero un cumulo di rocce addossate alla parete meridionale della valletta.

— A me sembra che qui si possa trovare un nascondiglio di dove potremo osservare senza essere scorti, — disse Ranzoff. — Occupiamolo e aspettiamo l’alba. —

Diedero la scalata salendo una specie di canalone, e, raggiunta la cima, che era circondata da una doppia linea di punte aguzze, si sdraiarono a terra tenendo accanto i fucili.

Un silenzio profondo regnava nella valletta. In lontananza invece si udiva la risacca rumoreggiare cupamente intorno alle scogliere.

Il sole spunta presto ad Ascensione, sicchè l’attesa del drappello non fu troppo lunga.

Appena la luce cominciò a diffondersi per la valletta, tutti si alzarono, ansiosi di conoscere il luogo ove si trovavano.

Le rocce che avevano scalato servivano a meraviglia come rifugio, essendo la cima ben riparata da punte rocciose, abbastanza alte per nascondere un gruppo d’uomini.

La parete poi, che saliva ripidissima e contro la quale si addossava quell’ammasso di rocce vulcaniche, presentava qua e là delle larghe