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Gli avventurieri canadesi 329


— Un vero sigaro, — disse. — Peccato non poterlo fumare!

Il canotto, diretto da Boris e montato da due marinai, si era messo a seguirlo, tenendosi ad una cinquantina di passi.

Come abbiamo detto, non doveva scortarlo che per qualche tratto, per non farsi scorgere dagli uomini che potevano trovarsi sulla torpediniera.

A metà distanza infatti si fermò, mentre il cosacco continuava a nuotare silenziosamente, sospingendo dolcemente il fuso.

— Tenetevi pronti a raccoglierlo, — disse Boris. — Avanza bene il capitano?

— Fila come un delfino, — disse Ursoff. — Se non incontra qualche squalo, fra quindici o venti minuti sarà qui.

— Taci e ascoltiamo tutti. —

Si erano curvati sui bordi, tendendo gli orecchi. In lontananza si udiva la risacca frangersi cupamente dinanzi alle scogliere e si vedeva brillare il fanale bianco sospeso all’albero di trinchetto della torpediniera. Più lontano s’ergeva l’enorme massa dell’isolotto.

Passarono dieci, poi quindici, poi venti minuti. Una viva ansietà cominciava ad impadronirsi dei marinai e di Boris, quando udirono a breve distanza una voce che diceva:

— È fatto!...

— Rokoff!...

— Sì, sono io, signor Boris. —

L’ex-comandante allungò le braccia e, mentre i marinai s’appoggiavano al bordo opposto per servire di contrappeso, aiutò il cosacco a salire nel canotto.

— È a posto il siluro? — chiese Boris.

— L’ho legato al timone.

— Nessuno si è accorto di nulla?

— Io non ho udito nessun rumore, nè veduto nessuno, — rispose Rokoff. — Io credo che non ci sia nessuno sulla nave.

— Ne siete ben certo?

— Avrei udito i passi degli uomini di guardia.

— Date dentro ai remi, — comandò l’ex-comandante ai marinai.

Il canotto tornò rapidamente indietro, abbordando poco dopo lo Sparviero, il quale si dondolava leggermente, bene appoggiato sui suoi piani orizzontali.

Ranzoff stava seduto a prora, fumando tranquillamente un sigaro, colla piccola batteria elettrica dinanzi.