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314 Capitolo VIII.


La muraglia liquida ritornava in quel momento, accavallandosi. Si precipitò sul vortice tuonando e livellò di nuovo l’oceano.

Il dramma era finito.

— Ecco uno spettacolo impressionante, — disse Rokoff. — Quasi quasi preferisco un campo di battaglia seminato di morti e di moribondi.

— E forse avete ragione, — rispose Ranzoff, il quale appariva commosso. — Almeno i caduti rimangono sulla terra, esposti alla luce del sole.

Liwitz, forza la macchina. Allontaniamoci di qui. —

La macchina volante descrisse la sua solita spirale per raggiungere un’altezza di tre o quattrocento metri e si slanciò verso il settentrione, con una velocità di sessanta o settanta chilometri all’ora.

— Che cosa era dunque successo su quella nave? — chiese Ranzoff, dopo d’aver data a Ursoff la rotta da seguirsi.

— Chi potrebbe dirlo? — rispose Wassili. — Io suppongo che, in seguito forse ad una lunga serie di tempeste, sia stata spinta molto lontano e che l’equipaggio sia rimasto senza viveri.

— E da che cosa hai potuto supporlo?

— Quegli uomini si sono divorati. Nel frapponte devono essersi svolte delle orribili scene di cannibalismo, poi i superstiti devono essersi accoltellati reciprocamente, forse per non farsi mangiare.

— Non sarebbe già il primo caso che succede, — disse Boris.

— Pare impossibile che non avessero più nulla di che nutrirsi, — disse Ranzoff. — A bordo d’una nave vi è sempre qualche cosa da masticare.

— Le vele forse? — chiese Rokoff.

— Eh! Anche quelle potrebbero talvolta servire, ben bollite e mescolate col grasso dei boscelli o con delle candele.

Il nostro stomaco, mio caro, è capace talvolta di abituarsi a tutto, anche ai cibi più stravaganti e privi di qualunque principio di nutrizione.

— È vero, — disse Wassili. — Vi sono state delle persone che hanno potuto resistere per delle intere settimane divorando della segatura di legno mescolata con delle candele, con del sapone o con della glicerina e perfino con delle sostanze assolutamente inadatte alla nutrizione come il gesso o il carbone.

— Che splendide pagnotte dovevano riuscire! — esclamò il cosacco, facendo una smorfia.