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I drammi del mare 313


Il cosacco ed i due russi, temendo di venire ingoiati dal vortice, salirono frettolosamente sulla tolda, gridando a Ranzoff:

— Presto: gettate la scala!

Liwitz che l’aveva ritirata, fu pronto a obbedire. Tutti ormai si erano accorti che il grosso veliero stava per affondare ed attendevano ansiosamente la ricomparsa dei loro compagni. I tre uomini s’aggrapparono al canape e si issarono fino sullo Sparviero.

— Non vi è nessuno da salvare, è vero? — chiese Ranzoff.

— No, — rispose Wassili. — Tutti quei disgraziati sono morti o si sono ammazzati tra loro dopo di essersi pasciuti di carne umana.

— Racconterai più diffusamente dopo, — disse il capitano dello Sparviero. — Vediamo come questa nave affonda, deve essere uno spettacolo terrificante, specialmente veduto dall’alto. —

Tutti si erano curvati sulla balaustrata, in preda ad una viva curiosità non esente da una profonda impressione.

Il grosso veliero affondava a vista d’occhio, oscillando fortemente. La sua stiva doveva essere ormai già piena d’acqua.

A un tratto si mise a girare lentamente su se stesso con mille strani scricchiolii. Si sarebbe detto che la nave protestava e si lamentava di dover essere costretta a dare per sempre un addio al sole e alle brezze vivificanti, che per tanti anni l’avevano spinta attraverso gli oceani, per scendere nei freddi e tenebrosi abissi dell’Atlantico.

— Anche una nave ha la sua agonia, — disse Ranzoff, mentre lo Sparviero continuava a volteggiare sopra l’enorme rottame, tenendosi a soli cento metri d’altezza. — È terribile!... —

Il veliero girò due volte su se stesso, come spinto da una forza misteriosa, inesplicabile, poi le acque irruppero bruscamente sulla tolda passando fra gli squarci delle murate.

La poppa quasi subito affondò rapidamente, tratta giù dell’enorme peso che si trovava rinchiuso nella stiva e che precipitava, per l’inclinazione, verso il cassero.

La prora invece si alzò bruscamente, mostrando quasi tutto intero il suo tagliamare e le piastre di rame dipinte in rosso, poi l’intera massa sprofondò con un fragore di tuono.

Una muraglia liquida, colla cima coperta di spuma candidissima, si allargò come per fare posto al gigantesco feretro e un grande gorgo si formò, muggendo sordamente.

La nave scendeva attraverso i profondi abissi dell’Atlantico col suo carico di cadaveri, lasciando un gran vuoto.