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I drammi del mare 311


Tutta la notte, contrariamente alle previsioni di Boris e di Ranzoff, la bufera, sempre accompagnata da copiosissimi doldrums, infuriò con grande strepito di tuoni e cadute di fulmini.

Solamente verso l’alba le nuvole si decisero a rompersi e le raffiche cessarono quasi improvvisamente, come se Eolo avesse imposto a loro di lasciarlo riposare tranquillo.

Il veliero era sempre in vista, ma aveva perduto anche il suo albero di trinchetto, schiantato pure al di sopra della coffa da qualche furioso colpo di vento.

Sempre rovesciato sul tribordo, sballonzolava fra le onde e, girando di quando in quando su se stesso, se ne andava alla deriva.

Sulla sua tolda non si scorgeva nessuno.

— Abbordiamolo, — disse Ranzoff. —

Liwitz fa preparare la scala.

— Potrà mantenersi fermo lo Sparviero? — chiese Wassili.

— Appena voi sarete scesi riprenderò le mosse, girando intorno alla nave. Vi raccoglieremo poi.

— Gli è che noi correremo qualche pericolo, — disse in quel momento Boris. — Non potremo fermarci che pochi minuti, forse qualche quarto d’ora.

— Perchè signore?

— Non vedete come la nave si è abbassata da ieri sera a stamane? Deve essersi aperta qualche falla e lo scafo beve e molto, a quanto pare.

— Saremo pronti a gettarvi la scala, signor Boris. —

Lo Sparviero descrisse tre o quattro giri intorno al rottame, mentre i sei uomini dell’equipaggio mandavano altissime grida, poi, non ottenendo nessuna risposta, si abbassò fino a venticinque metri e Ursoff lanciò lestamente la scala, fermando gli uncini dell’estremità inferiore fra le trinche del bompresso.

Boris, Wassili e Rokoff si lasciarono scivolare rapidamente, mettendo piede sul castello di prora.

I ganci furono staccati e lo Sparviero, il quale non poteva tenersi immobile come un pallone frenato, riprese i suoi giri intorno al disgraziato veliero.

Una grande confusione regnava sulla tolda del veliero. L’argano era stato strappato, le pompe sventrate, il casotto di poppa sfondato, le murate squarciate. Rottami d’ogni sorta giacevano ammucchiati alla rinfusa; cordami, pennoni e pennoncini, manovelle, aspe, gruppi di cordami e di catene.