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Il vascello fantasma 307


— È sorta la luna? — chiese Ranzoff.

— Comincia a mostrarsi in questo momento.

— Venite, amici: mi preme più la carne che le uova.

Si alzarono silenziosamente e girarono intorno alle rupi, dopo di aver spento sigari e pipe.

Dinanzi a loro vi erano delle dune di sabbia, dietro alle quali potevano osservare senza esporsi al pericolo di allarmare i deliziosi anfibî.

Dal mare sorgevano a battaglioni le covatrici.

Erano belle bestie, tutte grosse, pesanti dai quaranta ai cinquanta chilogrammi.

Si erano disposte su parecchie file e scavavano frettolosamente le buche colle robuste zampe anteriori, mettendosi subito a deporre uova su uova.

Delle risse scoppiavano di frequente fra quei rettili, poichè le ultime venute, per non perdere tempo, cercavano di approfittare delle buche già scavate.

— Rovesciatele semplicemente sul dorso, — disse Ranzoff ai compagni. — È il miglior modo per impedir loro di fuggire verso la riva e tuffarsi.

S’incaricheranno poi i marinai del resto.

I sei uomini si slanciarono verso la spiaggia, gridando a piena gola.

Le testuggini, spaventate, lasciarono le buche, rovesciandosi confusamente verso l’oceano, ma si trovarono la via già tagliata da Rokoff e da Liwitz.

In meno di un quarto d’ora ben sessanta bestiacce si trovarono rovesciate sul dorso. Le altre erano riuscite a fuggire passando fra le gambe dei cacciatori.

— Abbiamo qui tanta carne da poter vivere un mese e anche più, — disse Ranzoff, — e tante uova da ricavare parecchie dozzine di fiaschi d’olio e da fare delle frittate gigantesche.

Domani verremo a fare la raccolta. —

Essendo la notte diventata piuttosto fredda, risalirono in fretta la valle del Sugar, raggiungendo felicemente la piattaforma del Ninepin.

Il giorno seguente lo Sparviero scendeva verso la spiaggia a raccogliere le povere testuggini ed a caricare tre o quattro migliaia d’uova, e verso il tramonto dello stesso giorno, abbandonava l’isola quantunque il tempo, che fino allora si era mantenuto bellissimo e calmo, accennasse a guastarsi.

Delle nuvolacce nere venivano dalla parte del Brasile, spinte da un