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Il Tesoro di Trinidad 293


cinquanta metri dalla superficie dell’oceano, anzi Liwitz, il quale se n’era accorto, stava appunto per rimettere in movimento le ali e le eliche. Un cetaceo gigantesco, che misurava per lo meno sedici metri di lunghezza, tutto nero, vellutato sul dorso e argenteo lungo i fianchi, con una grande pinna dorsale in forma d’un triangolo, si trovava proprio sotto lo Sparviero ed aveva ricevuto sulla testa la bottiglia scagliata dal cosacco.

Quel proiettile caduto dall’alto pareva che l’avesse un po’ irritato, poichè si era messa subito a lanciare dai suoi due sfiatatoi, immensi getti di acqua polverizzata.

— Una poescopia!... — aveva esclamato Boris.

— Una balena insomma. — disse Wassili.

— E delle più vivaci.

— Se potessimo prenderla!... — disse Rokoff.

— Che cosa vorreste farne? — chiese Ranzoff.

— Per mangiarne almeno un pezzo. —

Il capitano dello Sparviero rimase un momento silenzioso, osservando attentamente il gigantesco cetaceo, poi chiese a Boris:

— Maschio o femmina?

— Femmina, — rispose l’ex-comandante della Pobieda. — Ecco là il suo balenottero che la segue, quasi interamente tuffato.

— Avete mai assaggiato il latte di quei cetacei?

— Sì, signor Ranzoff.

— Si dice che non sia cattivo, è vero?

— Passabile.

— Il freddo intenso della nostra dispensa lo renderà migliore e ci servirà ottimamente per mescolarlo col the.

— Che cosa volete fare, signor Ranzoff?

— Impadronirmi di quel cetaceo, — rispose il capitano dello Sparviero. — Il balenottero è abbastanza grosso per poter ormai provvedere da sè al proprio nutrimento. Ursoff!...

— Signore!... — rispose il timoniere.

— È carico il cannoncino?

— Lo sarà subito.

— Prepara il grosso rampone da caccia.

— Subito, signore.

— Che cosa vuoi fare d’un rampone? — chiese Wassili.

— Mi sono fornito del necessario per poter fare, se capitava l’occasione, delle grandi pesche.