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288 | Capitolo VI. |
cio che fendeva l’aria coll’impeto d’un proiettile, lo accolsero con nutrite scariche di fucili, costringendolo ad innalzarsi più che in fretta.
— Giacchè quegli stupidi ci obbligano a raggiungere le grandi altezze, proviamo a fare una ascensione, — disse Ranzoff. — Vi spiacerebbe amici? Io ne ho già fatto di magnifiche in America e anche in Asia.
— Saliamo, — rispose Wassili.
— Purchè non andiamo a cadere sulla luna, — disse Rokoff.
— Bah!... Non mi spiacerebbe andare a fumare un sigaro lassù — disse Fedoro.
— E andare a offrire il tuo thè a quegli abitanti, se ve ne sono, è vero, amico?
— Non ne avranno bisogno, Rokoff, — rispose il negoziante.
— Tenetevi ben fermi alle balaustrate, — comandò Ranzoff. — Liwitz, dà la massima spinta alla macchina e lascia funzionare solamente le ali e le eliche prodiere.
Arresta quelle di poppa.
— Sì, signore, — rispose il macchinista.
— Pronto?
— Lancio. —
Lo Sparviero si era inclinato bruscamente colla prora in alto, squilibrandosi verso poppa, poi si slanciò obliquamente.
Le ali battevano febbrilmente e le eliche prodiere frullavano con rapidità tale che non si potevano più scorgere.
Ranzoff si era collocato dinanzi ad un barometro sospeso ad una traversa e contava a voce alta:
— Duemila... tremila... quattromila... cinquemila... —
Lo Sparviero saliva sempre, con un fremito sonoro, colla prora sempre in alto. Pareva un treno diretto, lanciato verso la luna o verso il sole.
La temperatura diventava rapidamente fredda e gli uomini cominciavano a provare dei sintomi di malessere. Le loro arterie ed il cuore battevano febbrilmente e le loro orecchie ronzavano in modo strano.
Di quando in quando sentivano dei capo-giri.
Soli Ranzoff e Liwitz, i quali, probabilmente erano ormai abituati alle grandi altitudini, pareva che non provassero alcun sintomo.
Il primo guardava sempre, ora il barometro ed ora il termometro.
— Novemila!... — disse ad un tratto, — e 14° sotto zero.
— Volete proprio condurci nella luna? — chiese Rokoff, il quale