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286 | Capitolo VI. |
— E come avete fatto voi a trovarla? — chiese Rokoff.
— In quell’epoca non avevo ai miei servigi che Liwitz.
Stavamo esplorando già da parecchi giorni le cime superiori dello scoglio, frugando tutti i crepacci, quando ci trovammo dinanzi ad una frana.
Un enorme masso si era arrestato fra i detriti rocciosi, in modo che sarebbe bastato il più piccolo urto a fargli perdere l’equilibrio.
Possedeva in quell’epoca alcune cartucce di dinamite, e, sospettando che quella frana fosse precisamente quella che doveva coprire la famosa caverna, feci saltare il masso in mare.
Non mi ero ingannato nelle mie previsioni. Al posto poco prima occupato da quella roccia si apriva una piccola galleria.
Seguìto da Liwitz, il quale si era munito d’una fiaccola, la esplorai e giunsi ben presto in una spaziosa caverna, ingombra di vecchi fucili, di vele di ricambio, di barili ancora pieni di polvere e di balle di mercanzia, e fu in mezzo a questi che scopersi, entro quattro botti, il famoso tesoro nascosto dai corsari americani.
— Che emozione dovete aver provato in quel momento, signor Ranzoff! — disse il cosacco.
— Non troppa, — rispose il capitano dello Sparviero, alzando le spalle. — Veramente io non ci ho mai tenuto alle ricchezze e Liwitz può affermare se rimasi perfettamente tranquillo dinanzi a quelle botti che ad ogni colpo di scure lasciavano sfuggire veri torrenti d’oro.
— Non ero però così calmo io, — disse il macchinista, il quale si trovava pure presente alla narrazione. — Saltavo intorno alle botti e ballavo come un pazzo.
— Io avrei fatto altrettanto, giovanotto, — disse Rokoff. — Non si può sempre rimanere calmi dinanzi ad una montagna d’oro, guadagnata con una misera cartuccia di dinamite.
— Prosegui, Ranzoff, — disse Wassili.
— Non ho altro da aggiungere, — rispose il comandante dello Sparviero. — Dopo essermi ben convinto che nessun essere umano, che non avesse posseduto una macchina volante o per lo meno un pallone, non sarebbe mai riuscito a spingersi lassù in causa della frana, ho ripreso tranquillamente il mio viaggio.
— Voi dunque siete certissimo che nessuno abbia potuto toccare quel tesoro? — chiese Boris.
— Noi lo troveremo intatto. Se non lo trovassi più sarebbe per noi un colpo terribile, ma a questo non penso nemmeno.