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La ricomparsa dello Sparviero 259


delle trombe le quali lanciavano in aria le superbe note del magnifico waltzer di Strauss: «Sulle rive del Danubio».

La guardia franca danzava nelle batterie, in attesa del combattimento, mentre gli uomini della guardia notturna indagavano accuratamente il cielo dietro i loro pezzi.

Già il Tunguska aveva disceso l’ultimo tratto del fiume, quando Orloff, il quale di quando in quando puntava il telescopio in tutte le direzioni, si curvò verso il baronetto, dicendogli:

— Voi siete certamente uno stregone, signore.

— Perchè? — chiese Teriosky, stupefatto, togliendosi dalla bocca il sigaro.

— Non vedete chi ci segue?

— Chi?

— La macchina infernale.

— Possibile!...

— Volteggia sopra di noi da dieci minuti.

— E non me lo avete detto?

— È piombata improvvisamente su di noi e ci sta sopra; che cosa avreste potuto fare? Le nostre artiglierie non possono sparare in alto. D’altronde non può ancora essersi accorta che la vostra è una nave di battaglia e non già un transatlantico.

— Al mio posto che cosa fareste voi?

— Io? Fuggirei a tutto vapore, dovessi impiombare le valvole.

— E saltare.

— Non a quel punto, signor barone. Se voi non potete far fuoco orizzontalmente, col massimo rialzo, vi troverete sempre in balìa di quel dannato uccellaccio.

— Ero certo che sarebbe giunto, — mormorò Teriosky, gettando sulla tolda, con rabbia, il sigaro. — Sì, non ci rimane che sfidarlo alla corsa.

Vedremo se quel demonio saprà tener testa alla più rapida nave da guerra della marina russa. Ventitrè nodi sono molti al giorno d’oggi. —

Telefonò, dal block-house, all’ufficiale di macchina di salire in coperta.

— Signore, — gli disse, quando se lo vide dinanzi. — Quale velocità potremmo ottenere senza correre il pericolo di far scoppiare le caldaie. Vi avverto che vi domando la massima.

Del carbone non preoccupatevi. Ne dobbiamo avere un migliaio e mezzo di tonnellate.