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254 | Capitolo IV. |
— Si va all’ospedale della Grande Bermuda, — rispose il comandante dell’incrociatore. — Io spero, in una settimana e forse meno, di riprendere la crociera. Abbiamo timone ed eliche di ricambio e dei bravi lavoratori a bordo, capaci di compiere le riparazioni senza bisogno d’altri.
L’imbarco dei passeggieri e dei marinai del transatlantico fu compiuto rapidamente e con perfetto ordine, poi il Tunguska, rimorchiato lentamente dalle sue scialuppe a vapore, si diresse verso la Grande Bermuda.
CAPITOLO IV.
La ricomparsa dello “Sparviero”.
Occorsero ben due settimane di lavoro febbrile per riparare completamente l’incrociatore e rimetterlo in grado di riprendere la caccia alla macchina volante.
Durante tutto quel tempo, nessuna nuova era giunta alle isole del Re dell’Aria, quantunque parecchi piroscafi americani avessero approdato, costrettivi da una violentissima bufera che per parecchi giorni aveva sconvolto l’Atlantico.
Il baronetto, d’accordo collo stato maggiore, decise di ritornare nelle acque di Terranuova, anche per cercare di avere notizie.
Riempite ben bene le carboniere, un bel mattino il Tunguska, approfittando dell’alta marea, lasciò la Grande Bermuda, filando rapidamente verso il settentrione. L’Atlantico era assai agitato e l’orizzonte coperto di brutte nebbie d’una intensa tinta grigio-cupa.
Già è difficile incontrare delle belle giornate nei paraggi delle Bermude. Il cielo è sempre nuvoloso, il sole quasi sempre coperto o scialbo e formidabili venti e gigantesche ondate battono in breccia quelle poco fortunate isole.
Da secoli e secoli, forse da migliaia d’anni, quelle formidabili rocce, sorte chissà per quale capriccio dal fondo del mare, se, al pari delle Ca-