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Il Penitenziario di Sakalin 23


Mosse lentamente, con infinite precauzioni, un catenaccio, poi spinse innanzi Wassili, dicendogli sottovoce:

— Guarda, signore, il colonnello è là. —

Da una finestra chiusa da una inferriata, trapelava una scarsa luce che si riverberava sull’opposta parete della stanzuccia, entro la quale i due uomini erano entrati.

Wassili mosse verso la finestra avanzandosi in punta dei piedi, e vide nell’altra stanza, quella rischiarata dalla lampada, un uomo che passeggiava nervosamente, colle braccia incrociate sul petto e la testa china, intorno ad una rozza tavola.

— Mio fratello, — mormorò Wassili, impallidendo. — E vorrebbero fucilarlo!... Ucciderlo prima che abbia ritrovata la sua Vanda e che si sia vendicato di quell’infame barone che ha cacciato lui in galera e me in un’altra, dove forse mi troverei ancora senza l’aiuto di questo Ranzoff e dello Sparviero!... —

Stava per precipitarsi verso l’inferriata, per gridare:

— Fratello! Sono qui io a proteggerti! —

Bedoff, accortosi a tempo di quella mossa che poteva compromettere tutti, in un baleno gli fu addosso, afferrandolo saldamente per le spalle.

— Signore, — gli disse. — Che cosa fai? Vuoi perderci? —

Wassili, ritornato prontamente in sè, si era fermato.

— Grazie, amico, — gli disse. — Tu mi hai impedito di commettere una imperdonabile sciocchezza. Ma quello è mio fratello, che non rivedo più da due anni, mi comprendi?

— Poche ore sono nulla in confronto a un tempo così lungo. Abbi pazienza, signore. Lo abbraccerai più tardi.

— E se lo uccidessero? —

Bedoff stava per rispondere, quando si udì lo scatto di una serratura, poi lo scricchiolìo d’una porta.

— Silenzio, signore, — mormorò il carceriere. — Ecco il capitano. —