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244 Capitolo II.


Il piroscafo, vedendo che aveva da fare con una nave da guerra, fece arrestare l’elica e fu pronto a rispondere colle sue bandiere di segnali:

— Aspettiamo vostri ordini.

— Diteci se avete incontrata macchina volante naufragatrice transatlantici Compagnia Teriosky — segnalarono gli uomini del Tunguska.

La risposta non si fece attendere.

— Sì, tre giorni or sono.

— Dove.

— Paraggi delle Bermude, centoventi miglia al sud.

— Grazie, buon viaggio. —

Il piroscafo riprese la sua corsa verso il nord, diretto forse a Boston o ad Halifax, mentre l’incrociatore cambiava immediatamente rotta, scendendo verso il sud, colla speranza di sorprendere il Re dell’Aria nei pressi delle Bermude.

— Pare che ci faccia correre, quel dannato naufragatore, — disse il comandante dell’Orulgan al baronetto, il quale passeggiava nervosamente dinanzi la torre poppiera.

— Si direbbe che qualcuno lo ha avvertito che noi lo cerchiamo, — rispose il capitano dell’incrociatore, torcendosi rabbiosamente i baffi.

— E chi? Suppongo che non avrà osato, quel signore, prendere terra in America per provvedersi di giornali.

Egli attende, nei paraggi delle Bermude, i nostri transatlantici che lasciano il golfo del Messico. Ciò è chiarissimo, signor barone.

Abbiamo una buona linea di navigazione fra Vera-Cruz, l’Avana, Santiago ed i porti della Germania e del Baltico e probabilmente quel signor Re dell’Aria non lo ignora.

— Non continuerà però per lungo tempo le sue stragi di transatlantici, — rispose il baronetto. — Lo spazzeremo via con una terribile bordata.

— Se si lascierà cogliere.

— Lo perseguiteremo senza posa, finchè avremo una tonnellata di combustibile dentro le carboniere.

— Temo però che quell’uccello del malaugurio corra assai più di noi, signor barone.

— Finirà però anche lui il suo combustibile.

— E quale combustibile? Sapete voi che cosa adopera quella macchina d’inferno? Io non ho veduto alcun fumo sfuggire fra le sue ali.