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Il ritorno dello «Sparviero» | 215 |
Presa la spinta, la macchina volante s’innalzò, per poi abbassarsi subito verso l’oceano.
— Ah!... Ecco, di dove sono discesi!... — esclamò in quel momento Rokoff, il quale stava curvo sul parapetto di poppa. — Vedete, signor Wassili?... Scale di corda e scale di ferro!
Lungo la parete di levante dell’Inaccessibile, si scorgevano distintamente delle lunghissime scale di ferro, le quali congiungevano i diversi cornicioni, riparate sopra e dai lati da robuste reti di filo di ferro per impedire delle spaventevoli cadute.
Oltre a quelle, ve n’erano pure parecchie di corda le quali pendevano da alcuni fori i quali dovevano senza dubbio aver servito per dare luce alle gallerie superiori.
— Ecco un capriccio da milionario, — disse l’ingegnere. — Il nostro amabile cugino poteva però permetterselo mercè le famose pietre del vecchio Jones.
— Quali pietre? — chiesero Rokoff e Fedoro i quali stavano presso.
— Ah! È vero! Non vi ho ancora narrato come il barone sia diventato immensamente ricco, mentre suo padre era morto quasi in miseria.
— E ce l’avevate promessa quella storia, — disse il cosacco.
— Anzi sono due, — aggiunse l’ingegnere. — Come vi ho detto, il barone ha fatto la sua fortuna sull’Atlantico e non certo trafficando in zuccheri o caffè.
Io ho udito narrare la prima storia da un vecchio servitore di mio padre che era passato ai servigi del barone.
Non so se in Africa o in America, il barone, che allora comandava un piccolo brigantino, l’unica sua risorsa, aveva incontrato un vecchio capitano di mare ritiratosi ormai a terra a godersi il frutto dei suoi risparmi. La storia fu narrata da mio cugino, una sera in cui era ubbriaco, ad alcuni suoi amici e udita perfettamente dal vecchio servitore. Mi ricordo parola per parola quanto mi fu riferito, tanto mi aveva interessato.
Quel lupo di mare si chiamava Jones e, non so come nè per quale motivo, aveva stretto amicizia con mio cugino.
Una sera, dopo forse un’abbondante bevuta, fece vedere al barone molte curiosità raccolte qua e là, nei suoi lunghi viaggi attraverso al mondo, e, fra quelle, alcune grosse formazioni cristalline.
Mio cugino che non era uno stupido...
— Ce ne ha date le prove, — interruppe Rokoff.
— .... S’accorse subito che non erano quelli, cristalli di rocca come li