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192 Capitolo XVI.


Si era bruscamente interrotto, guardandosi intorno con una certa ansietà.

— Fulmini del Don!... — mormorò. — Un uomo nato sulle rive della Neva che vigila su questo scoglio!... Il mistero è subito spiegato. Non poteva essere altro che una sentinella collocata qui da quel cane di barone!... Che quel furfante si sia nascosto qui, invece che a Tristano? Gambe, amico, prima che ti accoppino!... —

Stava per slanciarsi giù nel canalone, quando un prepotente bisogno di visitare la misteriosa galleria lo prese. Sappiamo già che Rokoff era coraggioso come un vero cosacco, quindi non vi era nulla da stupirsi.

Non essendo accorso nessuno all’urlo mandato da quello sconosciuto, che pure era echeggiato fortissimo fra le rocce dell’immenso scoglio, il cosacco aveva ragione di supporre che almeno in quel luogo non si trovasse nessun’altra sentinella.

Quasi sicuro del fatto suo, attraversò rapidamente il cornicione e si cacciò in quella specie di caverna, non già però coll’intenzione d’inoltrarsi molto, temendo una seconda sorpresa.

Aveva fatto pochi passi, quando si trovò avvolto da una oscurità così profonda da non sapere più da quale parte dirigersi.

Il vento, ingolfandosi attraverso all’apertura, produceva dei rumori strani ed impressionanti.

— Senza una lampada non oserò andare innanzi, — disse Rokoff. — Ne so abbastanza per ora. —

Si mise ad indietreggiare ed inciampò in qualche cosa che giaceva a terra e che diede, nell’urto, un suono metallico.

Era un fucile, lasciato probabilmente cadere dall’uomo che lo aveva assalito per meglio afferrarlo per la gola. Intorno al calcio era avvolta una cartucciera con una cinquantina di cariche.

— Ecco una fortuna che non mi aspettavo, — mormorò il cosacco, impadronendosi dell’arma. — Con un buon mauser fra le mani si possono compiere dei miracoli, per chi sa ben adoperarlo. In ritirata, amico, e bada a non farti schiacciare dentro il canalone. —

Dopo aver dato un ultimo sguardo alla gigantesca parete rocciosa che cadeva a picco per centinaia e centinaia di metri, del tutto nuda e liscia come il palmo d’una mano, si lasciò scivolare giù dal canalone, tenendo in mano la traversa di legno per respingere le orde di quei noiosissimi pingoini.

La discesa fu assai più rapida della salita, tuttavia il cosacco pa-