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190 Capitolo XV.


— Ci sei!... Tanto peggio per te!...

Quelle parole, pronunciate in lingua russa, avevano così profondamente scombussolato il cosacco, da impedirgli di prendere immediatamente l’offensiva. D’altronde l’attacco era stato così improvviso, così fulmineo, che qualunque individuo, al suo posto, nulla avrebbe potuto tentare.

Il cosacco però, uomo di guerra, non era tale da lasciarsi facilmente impressionare. Sentendosi stringere il collo da due mani poderose, lasciò andare la traversa che pel momento non gli poteva essere più di nessuna utilità in un simile corpo a corpo, e afferrò a sua volta l’avversario alla gola, urlando:

— Giù le mani o ti strozzo! —

Lo sconosciuto, invece di obbedire raddoppiò la stretta. Doveva essere un uomo robustissimo e di statura quasi gigantesca, ma il cosacco aveva dei muscoli di ferro ed una corporatura da orso.

Lo sollevò di peso e lo spinse fuori dalla galleria, liberandosi dalla stretta con una mossa fulminea. Contemporaneamente aveva impugnato il bowie-knife, mettendosi sulla difensiva.

Solo allora si avvide d’aver dinanzi un omaccio di forme massicce e dall’aspetto d’un bandito, con una lunga barba incolta.

— Che cosa vieni a fare tu qui? — ruggì lo sconosciuto, con quell’accento particolare agli uomini nati sulle rive della Neva e del Ladoga, cavando a sua volta, dalla fascia, un coltellaccio. — Avrei potuto ucciderti fino da stamane con un colpo di fucile, perchè questo era l’ordine.

Ti aprirò il ventre ora!...

Con un balzo da tigre si era gettato improvvisamente sul capitano dei cosacchi, ma questi con un salto di fianco evitò l’attacco.

Lo sconosciuto, trasportato dal proprio slancio, cadde quasi fra le braccia del suo avversario, il quale fu pronto a ghermirlo ed a serrarselo sul petto con forza disperata.

— Sarò io che ti ucciderò — urlò Rokoff, furioso.

Si erano abbrancati, lottando ferocemente.

Lo sconosciuto opponeva una resistenza tenace, ma il cosacco aveva cominciato a spingerlo verso l’abisso. Non potendo far uso del coltello, cercava di scaraventarlo attraverso al canalone.

Era l’orso del nord che si misurava contro l’orso della steppa del Don. Entrambi erano vigorosissimi e, certamente, per coraggio e per ferocia si eguagliavano.