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Gli elefanti marini 183


L’operazione però procedeva fra grida furiose ed incessanti assalti. Gli uccelli marini, niente spaventati, calavano a stormi, strappando pezzi di grasso e di carne sotto gli occhi dei cacciatori.

Di quando in quando, Rokoff, che serbava rancore ai petrelli, ne accoppava due o tre con un colpo di traversa, ma la lezione non bastava a trattenere gli altri.

S’alzavano per alcuni secondi, roteando vertiginosamente attorno ai due uomini e colpendoli colle robuste ali, poi tornavano a piombare più audaci di prima.

— Signor Wassili, — disse Rokoff, — se non troviamo qualche nascondiglio, quando torneremo non rimarrà un pezzetto di grascia.

— Vedo là un crepaccio, — rispose l’ingegnere, additando il bastione. — Lo riempiremo, poi lo chiuderemo con dei massi.

— Non potrà contenere tutta la provvista.

— Avete intenzione di rimanere qui molto tempo? Quando avremo in serbo un centinaio di libbre di questo grasso, sarà più che sufficiente per noi. Vedrete che lo Sparviero non tarderà a tornare qui.

— Allora, tenete in freno questi maledetti uccellacci finchè io riempio il buco. Ne avete tagliato abbastanza.

Il cosacco cominciò il trasporto, mentre l’ingegnere respingeva a colpi di traversa quegli indemoniati volatili che diventavano sempre più furiosi. Bastarono dieci minuti per riempire quel buco, che fu subito turato con grossi massi, poi l’ingegnere e Rokoff si caricarono di grascia e della lingua del mammifero e risalirono il bastione.

I volatili si erano già precipitati sull’elefante marino, disputandoselo a colpi d’ala e di rostro. Erano almeno cinque o seicento che battagliavano rabbiosamente per prendersi i pezzi migliori.

Ursoff si recò incontro ai due cacciatori. Aveva assistito dall’alto della piattaforma all’attacco del mostro e non senza trepidazione, non potendo credere che un sì grosso animale potesse lasciarsi uccidere senza opporre resistenza.

— Ho tremato per voi, — disse. — Siete due coraggiosi.

— Bah! Ci voleva poco coraggio, miss, — rispose Rokoff. — Come hai veduto, quel povero bestione si è lasciato accoppare tranquillamente.

— È ancora acceso il fuoco? — chiese l’ingegnere.

— Sì, signor Wassili.

— Abbiamo qui una superba lingua da aggiungere al pingoino. Così per oggi e domani il vitto è assicurato. —