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Tristan de Acunha 173


Un odore nauseabondo, insopportabile, costrinse il cosacco a turarsi il naso. Ammassi di guano coprivano la sporgenza, sprigionando esalazioni tali da togliere il respiro. Rokoff però aveva veduti numerosi nidi formati d’alghe e pieni di uova e ciò gli bastava.

Aveva già fatto un’abbondante raccolta, quando i suoi occhi scopersero un’apertura che pareva s’addentrasse nella parete rocciosa.

— Che sia una caverna? — si chiese. — Non sarà certo pulita, nondimeno potrà servire meglio del nostro miserabile abituro. —

Passando con precauzione fra gli ammassi di guano, giunse ben presto dinanzi a quell’apertura, un crepaccio largo un paio di metri e alto il doppio e che pareva mettesse realmente in qualche caverna. L’odore però che usciva era così orribile, che il cosacco si fermò, esitando a mettere i piedi là dentro.

Un sommesso chiacchierìo lo decise a fare qualche passo innanzi.

— Che vi siano degli altri pingoini lì dentro? — si chiese.

Si era cacciato entro il foro, quando si sentì investito da una vera nube di volatili furibondi.

Erano uccellacci neri, dal becco lunghissimo e grosso, i quali gridavano rabbiosamente.

Il cosacco si era affrettato a uscire, nondimeno gli uccelli non lo avevano lasciato. Gli volavano intorno, percuotendolo colle loro ali e tentando di beccarlo.

— Ah!... Diavolo! — esclamò Rokoff, estraendo il coltello. — Non ho paura di voi, io!... —

Si preparava a respingere l’assalto, quando vide quei volatili aprire i becchi e vomitare a fiotti certe materie oleose così puzzolenti che si sentì soffocare.

— Fulmini!... — esclamò, turandosi il naso e la bocca.

Balzò in mezzo ai cumuli di guano e fuggì a rompicollo, mentre gli uccelli, soddisfatti di essersi sbarazzati di quell’intruso, si radunavano dinanzi alla caverna, decisi a difenderne l’entrata.

Il cosacco raccolse il pingoino e, riempitosi le tasche d’uova, si lasciò calare nella fenditura, sternutando e sbuffando.

Degli allegri scoppi di risa lo accolsero sulla seconda piattaforma.

Wassili e Ursoff, seduti l’uno presso all’altro, avevano assistito alla sua battaglia cogli uccelli e alla sua fuga precipitosa.

— Povero signor Rokoff, — esclamò il russo, ridendo. — Per poco non perdevate gli occhi. Che cosa avete fatto a quegli uccellacci per renderli così furibondi?