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14 | Capitolo II. |
CAPITOLO II.
Il Penitenziario di Sakalin.
Un vecchio che aveva una lunga barba bianca ma un portamento ancora marziale, e che indossava una lunga zimarra di panno bigio, molto rattoppata, si era lasciato scivolare giù dal suo lettuccio e si era avanzato verso il signor Wassili facendo risuonare lugubremente, sul pavimento di legno, la catena saldata alle sue caviglie.
Lo starosta delle prigioni russe è una specie di sorvegliante, scelto fra i più vecchi e più rispettabili politici, incaricato di rispondere della tranquillità dei suoi compagni di catena, carica sovente pericolosissima, ma che però ha certe prerogative speciali che non sono da disdegnarsi nei tristi penitenziari siberiani e delle isole.
— Eccomi, signore, — aveva detto il vecchio, dopo di aver fatto il saluto militare.
— Sai di che cosa si tratta, starosta? — chiese Wassili, mentre i detenuti abbandonavano silenziosamente i loro letti, raggruppandosi intorno ai marinai della scialuppa.
— Bedoff mi ha informato di tutto, — rispose il vecchio. — Si tratta di strappare il colonnello Starinky alla morte.
— E della vostra libertà — aggiunse Wassili. — Sono risoluti i tuoi compagni a prestarci man forte?
— Tutti: odiamo quel bruto di Stryloff, quanto amiamo quel valoroso soldato che è sempre stato per noi come un secondo padre.
— La sentenza di morte contro il capitano è stata da noi pronunciata e voi tutti sarete vendicati dei tormenti e dei colpi di knut che vi ha inflitti.
— I tuoi uomini sono però pochi, signore, e noi siamo senz’armi, — disse lo starosta con qualche inquietudine.
— Prima che l’alba sorga, i cosacchi saranno fuori di combattimento, — rispose Wassili. — Abbiamo pensato a tutto.
— Allora noi siamo pronti ad aiutarti, signore, dovessimo affrontare il fuoco del capitano.