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Una misteriosa spedizione 13


— Nessuna, signore. Le pareti sono troppo solide e le inferriate troppo grosse per tentare una fuga, e poi, con questa notte così fredda spazzata dal vento!...

Lasciate qui i recipienti e seguitemi.

— Voi impugnate le rivoltelle, — disse Wassili ai suoi uomini. — Non farete fuoco che dietro un mio comando, checchè debba succedere. —

Bedoff staccò la fumosa lanterna, aprì con precauzione una porta che era chiusa con un solo catenaccio, e s’avanzò, in punta dei piedi, attraverso un secondo corridoio, più stretto e più basso del primo.

Wassili ed i suoi marinai lo avevano seguìto, impugnando le rivoltelle e reggendo colle sinistre i fucili ai quali non avevano ancora levate le baionette.

Attraversarono successivamente altre porte, anche quelle chiuse, poi Bedoff si fermò dinanzi ad una quarta più solida delle altre, e assicurata con una grossa spranga di ferro.

— Che nessuno parli per ora, — sussurrò a quelli che lo seguivano.

Spinse la porta ed introdusse il signor Wassili in un ampio stanzone, stretto e lunghissimo, rischiarato da due sole lampade ed ingombro di letti formati da una semplice tavola di legno appoggiata su due cavalletti, su ognuna delle quali dormiva un uomo avvolto in una grossolana coperta di lana oscura.

Bastò un legger sibilo di Bedoff perchè tutti i prigionieri, i quali probabilmente fingevano di dormire, si levassero a sedere.

— Ecco l’uomo che vi darà la libertà — disse loro Bedoff, indicando Wassili. — Avanzati, starosta, ed intenditi con lui.

Io vado ad occuparmi dei cosacchi. —