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Una misteriosa spedizione 11


Wassili ed i cinque marinai, che si trovavano a breve distanza, nascosti dietro ad alcuni magri sterpi, si erano subito avanzati velocemente.

— Morto? — chiese il vecchio.

— Non si muove più — rispose Ursoff, ritirando l’arma e affondandola nella neve onde ripulirla. — Come avete veduto, signor Wassili, si trattava di una cosa semplicissima. —

Il vecchio non rispose, ma sospirò, guardando cogli occhi un po’ umidi il povero figlio della steppa, che arrossava già la neve col suo sangue.

Liwitz intanto si era avvicinato ad una finestra, munita di grosse sbarre di ferro, alta appena due metri dal suolo, dinanzi alla quale, poco prima, vegliava il cosacco.

Sopra l’ultima spranga stava appeso un lanternino coi vetri verdi. Lo staccò, lo spense in fretta, poi colla canna del fucile battè sulla sbarra tre colpi.

Un momento dopo si udì una voce sommessa mormorare:

— Siete qui finalmente? Voi volevate farmi fucilare.

— Sono tagliate le sbarre? — chiese Ursoff che si era pure accostato alla finestra.

— Sì.

— Staccale subito: il cosacco che vigilava è morto; ma può, da un momento all’altro, passare la ronda. —

Si udì un leggero rumore di ferro, poi la voce di prima che diceva:

— La via è libera: salite adagio. Se vi scoprono vi fucileranno domani mattina col colonnello.

— Saremo prudenti, Bedoff, — disse Ursoff. — Abbiamo portato con noi di che addormentare quei cani di cosacchi. Non ti preoccupare.

Passarono prima di tutto, attraverso la finestra, i recipienti, poi uno ad uno scavalcarono il davanzale.

Si trovarono in una specie di corridoio, colle vôlte molto basse, rischiarato a malapena da una lanterna che mandava più fumo che luce, bruciando olio di foca o di tricheco.

Wassili squadrò attentamente Bedoff, un omaccio barbuto come un mugik, che pareva tagliato a colpi di scure da qualche tronco di pino, poi levandosi di sotto la casacca una rivoltella ed una borsa ben gonfia, gli disse con voce secca:

— O questa o l’altra: o piombo o rubli.

— Ti ho fatto già dire da Ursoff, signore, che preferivo l’argento al